Non c’è solo l’Onda.
No.
Sebbene il capolavoro assoluto di Katsushika Hokusai, “La [grande] onda nei pressi di Kanagawa”, uno dei quarantasei fogli di cui si compone la serie del 1830-1832 dedicata dal Maestro dei maestri alle vedute del Monte Fuji, sia ormai assurta a icona globale dell’arte di tutti i tempi, nell’ambito delle Ukiyo-e (le “immagini del mondo fluttuante”, il genere che meglio ha descritto la società borghese giapponese tra XVII e XIX secolo) sono molte le xilografie che possono considerarsi emblematiche.
Le figure femminili di Utamaro, i paesaggi di Hiroshige, i demoni di Kuniyoshi.
Il trittico di Tsukioka Yoshitoshi (1839-1892) intitolato “Fujiwara Yasumasa suona il flauto alla luce della luna” (Fujiwara Yasumasa gekka roteki).
Equilibrio.
Tra le parti, con Fujiwara Yasumasa al centro, in piedi che suona il flauto, alla sua sinistra Hakamadare Yasusuke in posa dinamica nel momento di sguainare la katana, nel foglio sinistro il disco lunare e in basso una lunga iscrizione a caratteri pseudo-sigillari, la firma dell’artista e due suoi sigilli, da destra a sinistra lungo l’intera composizione il vento che muove l’erba alta e insieme l’ampio abito del personaggio al centro.
Perfezione.
Nell’impostazione della composizione, come nelle tecniche di stampa messe in opera per produrre certi effetti, in particolare l’entusiasmante movimento sinfonico delle nuvole in alto, anch’esse sferzate dal vento, colte nel sublime loro passaggio parziale sul disco lunare.
Musica.
Fujiwara Yasumasa (958-1036), il protagonista di questo capolavoro della grafica giapponese, è stato un nobile di corte vissuto nel periodo Heian (794-1185), famoso ai suoi tempi per le sue poesie e, soprattutto, per la sua abilità nel suonare il flauto. Tale era puro e cristallino il suono che egli riusciva a emettere che anche il brigante Hakamadare Yasusuke rimase quasi paralizzato nell’ascoltarlo, dovendo suo malgrado desistere dal suo intento di aggredire il nobile per derubarlo. Ammaliato da quella musica, finì per seguirlo nella notte, quasi fosse uno di quei topolini addomesticati dal pifferaio magico di Hameln.
Yoshitoshi.
L’artista giapponese autore di quest’opera era stato allievo in gioventù di Kuniyoshi (1798-1861), membro di spicco – insieme a Kunisada (1786-1865) e a Hiroshige (1797-1858) – della gloriosa scuola Utagawa fondata sul finire del XVIII secolo. Pur producendo stampe nel solco di questa tradizione, Yoshitoshi cercò con il trascorrere degli anni di emanciparsi per dare vita a un proprio stile che fosse non solo riflesso della sua turbolenta personalità ma che anche avesse una qualche attinenza con quei cambiamenti politici e sociali che nella seconda metà dell’Ottocento avrebbero per sempre cambiato il Giappone e la mentalità dei giapponesi. La crisi del regime feudale, l’arrivo degli occidentali, la necessità di un radicale riammodernamento in tutti gli ambiti, furono fattori che si ripercossero anche nella produzione grafica, con l’introduzione di nuovi generi che più soddisfacessero la curiosità degli acquirenti.
Yoshitoshi produsse a esempio un certo numero di stampe di tema sanguinolento, versione illustrata di fatti di cronaca nera realmente accaduti.
Tuttavia, egli non rinunciò ai temi più tradizionali, tra i quali quelli di argomento storico.
In quest’ultimo ambito rientra il trittico con “Fujiwara Yasumasa suona il flauto alla luce della luna”, sicuramente la sua opera più nota.
Egli l’aveva affrontato in altre occasioni in anni precedenti, ma fu con questa sua versione del 1883 che avrebbe ottenuto la fama.
Solo un anno prima, aveva presentato a un’esposizione nazionale un suo dipinto con questo soggetto. L’opera fu prontamente notata dall’editore Akiyama Buemon, che commissionò all’artista una versione per la stampa multipla.
Il successo fu immediato.
In pochi mesi il trittico divenne iconico, e ancora oggi rimane tra le immagini più spettacolari nell’intera, lunga e gloriosa, storia dell’Ukiyo-e.
Yoshitoshi, il flauto e la luna
