Si è inaugurata giovedì 14 novembre la mostra Wunderkammer. Arte, Natura, Meraviglia ieri e oggi, che rimarrà aperta fino al 2 marzo 2014, e che si tiene in due diverse sedi a Milano: il Museo Poldi Pezzoli e le adiacenti Gallerie d’Italia.
L’argomento è davvero affascinante. La ‘Camera delle Meraviglie’, traduzione letterale del termine tedesco Wunderkammer, è una definizione che identifica un genere di collezionismo che si sviluppò compiutamente in Europa tra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento. La sua principale caratteristica è quella di voler racchiudere, negli spazi circoscritti di una o più sale, tutto lo scibile umano, con una particolare attenzione per quei reperti che potevano suscitare, per l’appunto, meraviglia per la loro rarità e bizzarria. Le origini di questo tipo di collezionismo si possono situare nel Medioevo, nei tesori delle cattedrali più importanti d’Europa, mentre l’epilogo coincide con il propagarsi nel Settecento delle idee illuministe che non potevano più accettare un simile approccio, più incline a suscitare stupore che ad effettuare più moderne analisi scientifiche.
Eppure, il fenomeno delle Wunderkammern nacque proprio come miscela del più tradizionale collezionismo principesco con il più recente e innovativo collezionismo scientifico. Personaggi come i bolognesi Ulisse Aldrovandi (1522-1605) e Ferdinando Cospi (1606-1686) e il milanese Manfredo Settala (1600-1680), sui quali maggiormente si concentra il progetto di questa mostra, furono prima di tutto eminenti scienziati del loro tempo, tra i cui numerosi interessi predilessero certamente quelli legati ai naturalia, pur non trascurando gli artificialia, ovvero le creazioni dell’uomo – antiche e contemporanee – che più ispiravano il collezionismo di corte.
Straordinarie Wunderkammern furono formate in molte zone d’Europa contemporaneamente, ed è ormai definitivamente tramontata la tesi dello Schlosser, lo studioso tedesco che all’inizio del Novecento riprese per primo l’argomento, secondo il quale queste raccolte di meraviglie furono quasi esclusivamente un fenomeno nord-europeo. A confutare le sue idee fu Adalgisa Lugli negli anni Ottanta, e con lei Giuseppe Olmi (nel comitato scientifico della mostra di Milano e autore di un saggio e di varie schede nel relativo catalogo edito da Skira e Mazzotta), i quali dimostrarono chiaramente che in Italia questo genere di collezionismo era già stato teorizzato e messo in pratica subito dopo la metà del Cinquecento, ovvero contemporaneamente alle corti asburgiche di Monaco, di Ambras, di Vienna e di Praga.
La sezione allestita negli spazi riservati alle esposizioni temporanee del Poldi Pezzoli chiarisce in maniera esemplare la precoce declinazione italiana di questo tipo di collezionismo. La bellissima casa-museo del patriota milanese ospita infatti preziosissime testimonianze dell’antico collezionismo da Wunderkammer, con particolare riferimento ai tre personaggi sopra ricordati. Si susseguono perciò rarità, bizzarrie e mostruosità, come i coccodrilli e i pesci imbalsamati, il corno di unicorno (in realtà un gigantesco dente di narvalo), un’altrettanto enorme zanna di elefante, i coralli, le noci di cocco asiatiche, il bezoar, il corno di rinoceronte, etc., in alternanza con opere di raffinatissima esecuzione, come le coppe in pietra dura intagliata, gli orologi, gli stipi in materiali preziosi, i dipinti su pietra, e molto altro. Agli oggetti si alternano dipinti, testi e disegni del tempo, che hanno un’immediata relazione con il collezionismo da ‘Camera delle Meraviglie’. Si tratta per lo più di documenti grafici commissionati dagli stessi collezionisti per creare il ‘catalogo’ delle loro opere. Ed è questa la più chiara dimostrazione dell’approccio scientifico che animava questi che si possono a buon diritto considerare come musei ante litteram. Aldrovandi, Cospi e Settala non si limitavano infatti a raccogliere reperti, ma ne curavano l’ordinamento sia attraverso la pubblicazione di cataloghi a stampa, sia affidando ad abili artisti il compito di riprodurre su carta le immagini dei pezzi più rari e stravaganti, disegni e dipinti che puntualmente venivano poi riprodotti su matrice xilografica per la riproduzione in serie e quindi la diffusione in tutta Europa. Aldrovandi fu particolarmente incline a questo genere di scambio di materiale scientifico: non avendo egli grandissime possibilità economiche che gli permettessero di mettersi in viaggio per reperire di persona i materiali, lo scienziato bolognese dovette per tutta la vita affidarsi ai doni e agli scambi per arricchire la sua raccolta.
Tra i suoi maggiori sostenitori vi furono senz’altro i Medici di Firenze, e questo rapporto privilegiato è trattato in mostra, grazie al prestito di alcune importanti opere da parte del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti che conserva quello che si può definire come il Tesoro della celebre famiglia fiorentina. I Medici furono straordinari collezionisti: oltre alle antichità e alle opere degli artisti contemporanei, non trascurarono di rifornirsi di pezzi da ‘Camera delle Meraviglie’, potendo contare – oltre che su solide basi finanziarie – anche su una strettissima rete di relazioni con le altre più importanti famiglie principesche d’Europa. Interessati essi stessi agli aspetti scientifici, si circondarono di persone versate in questi ambiti, ed è per questo che il loro nome si lega indissolubilmente anche all’Aldrovandi, al Cospi e al Settala, che ricevettero in dono dai granduchi fiorentini molti importanti reperti per le loro collezioni.
L’allestimento, elegante nella sua funzionalità, permette di ammirare al meglio i molti capolavori e le altrettanto numerose curiosità del mondo della Natura presenti in mostra. Terminato il percorso al piano terra, l’esposizione prevede un passaggio al primo piano nobile dove la curatrice Lavinia Galli ha messo in evidenza due ambienti dell’appartamento: uno, la cosiddetta Sala Nera, nel quale sono presenti alcuni stipi acquisiti dallo stesso Poldi Pezzoli che potevano benissimo figurare in un’antica Wunderkammer; l’altro, il Gabinetto Dantesco, poiché esso fu concepito dal padrone di casa quasi si trattasse di un riproposizione tardo-ottocentesca delle ‘Camere delle Meraviglie’ del XVII secolo. Ed è questa una novità nell’ambito degli studi sulle Wunderkammern che permette di confutare la tesi della Lugli, secondo la quale il Settecento e l’Ottocento furono secoli in cui questo genere di collezionismo, demolito nelle sue accezioni teoriche dall’Illuminismo, perse ogni ragione di esistere. Proprio Poldi Pezzoli però, con l’allestimento di quel piccolo e favoloso ambiente, riportò in auge il fenomeno delle Wunderkammern, a memoria di un’epoca d’oro della storia del collezionismo italiano ed europeo.
Un altro dei molti meriti della Lugli fu quello di rintracciare echi delle ‘Camere delle Meraviglie’ nell’arte del Novecento. Fu un’operazione delicata e originale che portò però a notevoli frutti di comparazione tra periodi diversi della storia dell’arte e del gusto. Ella perciò ritrovò evidenti tracce di quest’ispirazione prima di tutto nelle opere dei Surrealisti di Breton, quindi nelle creazioni di numerosi altri artisti fino alla più stretta contemporaneità (Marchel Duchamp, Mario Merz, Piero Manzoni, Jannis Kounellis, Enrico Baj, Pino Pascali, solo per citarne alcuni). Martina Mazzotta, co-curatrice della mostra milanese, ha proseguito il lavoro per certi versi geniale della Lugli. A lei il compito di organizzare la sezione della mostra dedicata al concetto di Wunderkammer nell’arte contemporanea allestita negli spazi delle Gallerie d’Italia. Qui si susseguono opere in cui appare più o meno esplicito il riferimento alle ‘Camere delle Meraviglie’ del passato. In certi casi, come ad esempio nel disegno di José Molina con un’intepretazione grafica della maschera azteca presente in mostra, si tratta di vere e proprie citazioni (l’opera è stata eseguita specificatamente per l’evento e sarà poi donata dall’artista al museo): in questo caso i curatori hanno optato per mettere una di fianco all’altra la fonte di ispirazione e la rielaborazione. In altri casi, si tratta invece di libere riproposizioni, a volte di grande impatto (la Meraviglia), come nel tondo con farfalle di Damien Hirst, oppure di concetto, come la sofisticata interpretazione di ‘catalogo’ operata da Kounellis nel suo Senza titolo del 1984. Le declinazioni di questa ispirazione sono ovviamente moltissime, al limite dell’infinito, ed è per questo che le opere contemporanee esposte in questa mostra possono essere solo uno spunto per un’analisi molto, molto più ampia, per un tema – quello della Meraviglia e del collezionismo da Wunderkammer – che continua ad entusiasmare per la sua fertilità, tant’è che la Biennale di Venezia che si chiude proprio in questi giorni è dedicata proprio al concetto di Enciclopedismo, il quale corrisponde per certi versi a quello di ‘Teatro del Mondo’, base del collezionismo del Cinque-Seicento.
E’ stato per me un grande onore poter partecipare a questo straordinario evento espositivo, come membro del comitato scientifico e autore di un piccolo saggio e di alcune schede nel catalogo. Ovviamente il mio compito è stato quello di analizzare quale parte svolgessero nelle Wunderkammern le rarità provenienti dagli altri continenti, non solo l’Asia ma anche l’Africa e le Americhe. Siamo tutti d’accordo, è quello che ho scritto nel mio breve saggio, che le scoperte geografiche che sconvolsero gli equilibri mondiali tra il XV e il XVI secolo siano state il vero ‘motore’ grazie al quale prese il via il collezionismo da ‘Camere da Meraviglie’; lo stesso Aldrovandi lo ammise più volte nei suoi carteggi. Troppo grande infatti fu la quantità di nuove, inedite informazioni che giungevano in Europa da quei mondi fino ad allora sconosciuti. Si prese coscienza di una Natura completamente diversa, che andava studiata, collezionata e catalogata; di culture estremamente differenti da quelle del Vecchio Mondo, che producevano manufatti straordinari nella loro diversità, misteriosi a volte ma sempre affascinanti e rivelatori. Tutto ciò fu spunto di nuove elaborazioni concettuali, che nel pratico andarono a confluire nelle raccolte principesche e nelle collezioni degli scienziati. Fortunatamente, nonostante gli eventi della storia non siano sempre stati fortunati, alcune di queste rarità esotiche un tempo nelle Wunderkammern italiane sono rimaste nelle loro ubicazioni originali ora musealizzate, identificabili come tali grazie al preciso confronto con i documenti del tempo nelle quali venivano registrate (inventari e cataloghi a stampa).
Chi visiterà la mostra Wunderkammer. Arte, Natura, Meraviglia ieri e oggi potrà ammirarli in tutto il loro fascino antico e immutato, avendo la possibilità di collocarli almeno idealmente nel loro contesto originario, sperimentando infine quanto ancora esse possano servire da ispirazione per gli artisti contemporanei.
Grazie a Francesco Morena per la lucida recensione che restituisce con chiarezza gli intenti della nostra ricerca. Grazie anche per la collaborazione e il contributo prezioso alla nostra avventura e il bel saggio in catalogo