Anonimo, Ritratto dell'imperatore Tianqi, 1621–1627. Pechino, Palace Museum.

Anonimo, Ritratto dell’imperatore Tianqi, 1621–1627. Pechino, Palace Museum.

E’ stata inaugurata il 12 ottobre 2017, e durerà fino al 7 gennaio 2018, presso il Kulturforum di Berlino la mostra intitolata Faces of China. Portrait Painting of the Ming and Qing Dynasties (1368-1912), dedicata ad un genere della pittura cinese che ha sicuramente riscosso finora meno attenzione rispetto ad altri, come il paesaggio e la pittura di ‘fiori e uccelli’.

Non si tratta in effetti della prima esposizione dedicata a questo affascinante tema che è invece uno dei più ammirati nella storia della pittura europea e statunitense. L’amico Renzo Freschi, ad esempio, ha già organizzato nel 2006 nella sua galleria di Milano la mostra Sguardi dal passato. Ritratti cinesi tra Ming e Qing (Glances from the Past. Chinese Portraits from Ming to Qing), e ancora, a qualche anno prima (2001) risale la grande esposizione organizzata presso la Arthur M. Sackler Gallery di Washington, intitolata Worshiping the Ancestors. Chinese Commemorative Portraits.
La mostra di Berlino vuole però mettere in evidenza un aspetto in particolare che riguarda la ritrattistica cinese, ovvero la coesistenza di due tipologie al suo interno, una riguardante la raffigurazione degli antenati, e l’altra i ritratti di personaggi ancora in vita, i primi destinati a perpetuare la memoria di personaggi importanti della famiglia, i secondi vivida testimonianza della vita sociale e culturale del tempo in cui vennero eseguiti. Solitamente, i ritratti degli antenati erano opera di artisti e botteghe che scelsero di rimanere anonimi non firmando il dipinto, mentre i secondi erano realizzati da artisti di fama, su commissione diretta di esponenti in vista della società, tra artisti, intellettuali, funzionari civili e militari, e lo stesso imperatore.

Jean-Denis Attiret (attribuito), Ritratto del principe mongolo Dowaci (?), 1755 circa. Berlino, Ethnologisches Museum.

Jean-Denis Attiret (attribuito),
Ritratto del principe mongolo Dowaci (?),
1755 circa. Berlino, Ethnologisches Museum.

Nonostante esempi di ritrattista cinese si possano far risalire ai primi secoli dell’Era Cristiana, fu nella seconda metà della dinastia Ming (1368-1644) che questo genere assunse una certa autonomia stilistica. L’arrivo in Asia di numerosi gesuiti allo scopo di evangelizzare quella porzione di mondo ebbe notevoli riflessi anche in ambito artistico. Alcuni dei missionari erano infatti artisti, dediti in particolare alla realizzazione di icone utili per il culto. Furono loro che insegnarono ad alcuni artisti cinesi le tecniche più specifiche della pittura europea, come l’utilizzo dei colori ad olio e della tela, la predilezione per gli effetti di sfumato e chiaroscuro, la percezione matematica della prospettiva, tutti elementi fino ad allora sconosciuti in Asia orientale. Si può ricordare in proposito Yu Wen-hui, l’artista cinese che si convertì al Cristianesimo con il nome di Emmanuel Pereira, autore del più noto ritratto di padre Matteo Ricci, con il quale condivise diversi anni dell’esperienza cinese del celebre gesuita.

Anonimo, Ritratto della Dama Li, 1876. Toronto, Royal Ontario Museum.

Anonimo, Ritratto della Dama Li, 1876. Toronto, Royal Ontario Museum.

La trasmissione di elementi stilistici europei nella pittura cinese si intensificò ancora di più nella prima parte della dinastia Qing (1644-1911), grazie soprattutto alla stima che si conquistarono alcuni artisti missionari. Basterà ricordare la lunga carriera a corte di Giuseppe Castiglione, il gesuita milanese che fu tra i pittori prediletti dagli imperatori Yongzheng (regno 1723-1735) e Qianlong (regno 1735-1796), protagonista insuperato del dialogo tra le arti di Europa e Cina. I suoi dipinti, nei quali si miscelano con grazia e stile le principali caratteristiche di pitture così diverse, servirono da modello per un grande numero di autori che nei decenni successivi, fino all’estinzione della dinastia nel 1911, si cimentarono nel genere della ritrattistica.
La mostra di Berlino esplora tutte queste dinamiche della pittura cinese attraverso l’esposizione di pregevoli dipinti concessi in prestito per l’occasione non solo dai locali Museum für Asiatische Kunst e Ethnologisches Museum, ma anche dal Royal Ontario Museum di Toronto, che di ritratti cinesi di antenati possiede una notevole collezione, e dal Palace Museum di Pechino.
Ai dipinti, nei classici formati del rotolo verticale da appendere e dell’album con fogli sciolti, si affiancano manufatti di diverso genere (costumi e contenitori di vario tipo e materiale) che aiutano a contestualizzare il periodo storico e l’ambiente sociale in cui furono realizzate le pitture.
Infine, scelta pienamente condivisibile, alle opere cinesi si appaiano alcuni ritratti europei, di artisti rinomati in questo genere come il fiammingo Anton Van Dyck.

Ren Xiong (1823–1857), Autoritratto, 1856 circa. Pechino, Palace Museum.

Ren Xiong (1823–1857), Autoritratto, 1856 circa. Pechino, Palace Museum.