Sono in treno, sulla via del ritorno verso casa dopo una giornata trascorsa a Roma, la bellissima Roma. Ovviamente, lo scopo di questo mio viaggio era l’Oriente e le sue manifestazioni artistiche.
E’ stata una ‘trasferta’ molto gratificante, e ne voglio qui dare conto brevemente, come se fosse un modesto suggerimento per chi volesse in queste settimane di fine 2012 trovare un bel po’ di arte orientale di altissima qualità nel nostro paese. Per una volta senza dover per forza andare all’estero.
La giornata è iniziata con una visita al Museo d’Arte Orientale “G. Tucci”, che si raggiunge in cinque minuti a piedi dalla Stazione Termini. Ho avuto già modo di scrivere su questo sito a proposito di questo importante museo, poiché l’ho visitato moltissime volte. Tuttavia, girovagare tra le sue sale è sempre un grandissimo piacere, oltre che molto istruttivo. Questa volta ho voluto prestare più attenzione alle arti dei paesi dell’area himalayana, Nepal e Tibet soprattutto.
E’ stata una sorta di omaggio, deferente, che ho voluto rendere al grande Tucci, il padre della tibetologia, al quale il museo è dedicato. Le sculture in bronzo e in legno, gli oggetti rituali e d’uso, le thangka, molti tra i manufatti di quest’area nel museo romano sono straordinari, vibranti di quello spirito religioso e spirituale che mosse gli artisti che li realizzarono, poiché tutti – o gran parte di loro – erano destinati al culto. Essi sono emozionante testimonianza di una cultura complessa, misteriosa e vieppiù affascinante che, per motivi che molti di voi conosceranano, è in serissimo pericolo d’estinzione. Ma questi sono temi delicati, che richiedono un approccio più circostanziato e dettagliato, perché ne possa qui scrivere, tra la stanchezza di fine giornata e il dolce dondolio del treno in corsa…
Dopo il Museo di Arte Orientale mi sono diretto, a piedi naturalmente poiché solo così sono convinto si possa riuscire a prendere una ‘pillola’ di Roma, verso Piazza Venezia e Via del Corso. A Palazzo Sciarra è infatti in corso, fino al 3 febbraio 2013, la mostra Akbar. Il grande imperatore dell’India, promossa dalla Fondazione Roma che già da qualche anno organizza esposizioni dedicate alle culture asiatiche, e curata da Gian Carlo Calza, che le ha dirette tutte, da quella dedicata all’imperatore cinese Qianlong (regno 11736-1795) con molti capolavori provenienti dal Palace Museum di Pechino (ovvero il museo della Città Proibita), a quella dedicata a Hiroshige (1797-1858), il grande artista della “pittura del mondo fluttuante” (Ukiyo-e). ora è toccato all’India Moghul. Akbar (1542-1605) fu un sovrano illuminato, musulmano ma fautore della pacifica integrazione tra religioni diverse ed entusiasta committente e mecenate delle arti, letteratura, pittura miniata, architettura e arti applicate. La mostra romana ha un allestimento da grande evento, con una maestosa scenografia in tema, musica diffusa, filmati su schermi giganteschi. Insomma, s’è fatto tutto senza badare a spese, per attrarre il pubblico. Sono certo, però, conoscendo ceti ‘polli’, che molti studiosi storceranno il naso per questa
spettacolarizzazione. A me, in sincerità, non ha dato fastidio anche perché, devo dire, me l’aspettavo, avendo visitato le precedenti mostre in Via del Corso, anch’esse molto scenografiche. Quel che conta per me sono le opere e la loro qualità. E’ questa mostra non difetta certo in queste caratteristiche. Molti sono i capolavori, provenienti da molti prestigiosi musei di tutto il mondo, primo tra tutti per quantità il Victoria &Albert di Londra. Meravigliano in particolare, e sciolgono il cuore, lo spirito e la ragione,l le pagine miniate. Superbe in tutto, per composizione, ricchezza di dettagli, vividezza dei colori, perfezione del tocco. Con opere del genere, a mio parere, qualsiasi allestimento andrebbe bene, anche il chiodo alla parete!
Dopo la mostra su Akbar, mi sono diretto a piedi verso Piazza di Spagna (che è a cinque minuti) pedr un breve giro tra gli antiquari in zona, in specie a Via Margutta. Alcuni di loro trattano arte orientale e se anche non si potesse comprare, si può guardare, che quello non costa niente.
Erano le cinque circa quando sono arrivato nei pressi di Via Nazionale. E’ l’ultima tappa del mio viaggio romano. La metà finale è il Palazzo delle Esposizioni dove si tiene, fino al 10 marzo 2013, la mostra Sulla Via della Seta. Antichi Sentieri tra Oriente e Occidente. Lo scrivo subito, è stata una visita gratificante, poiché la mostra è molto suggestiva, oltre che ben congegnata, soprattutto dal punto di vista didattico, e non è poco. Dal’altronde, l’argomento Via della Seta ha un suo fascino intrinseco: che fra noi, infatti, non ha per una volta sognato di ripercorrere quel fantastico itinerario che fu di Marco Polo!Beh, forse sto esagerando… Forse qualcuno tra noi l’ha sognato. Beh, io l’ho fatto, e più di una volta. Ovviamente non in aereo, e neanche a piedi non temete (…), e neanche in groppa ad un possente cammello battriano, anche se sì questo mi piacerebbe (sai che calli al posteriore, però…).
Ebbene, in qualsiasi modo, in autobus, in macchina, basta che siano previste le soste in quei luoghi straordinari che costellano quel percorso che si snoda per migliaia di chilometri, da Venezia a Xian in Cina, passando per Damasco, Baghdad, Samarcanda, Turfan e via dicendo, incontrando persone di culture diversissime, ammirando le loro creazioni architettoniche e artistiche, annusando i profumi più tipici di quei luoghi, assaggiandone i sapori tradizionali, millenari, ascoltandone i suoni, quella musica che ne ha scandito il ritmo per secoli, nei momenti di festa e in quelli di sofferenza, palpandone le levigatezze e le scabrosità, degli oggetti e della pelle nelle strette di mano.
Un sogno quindi, che è un po’ il filo conduttore ndella mostra romana che vuole, per programma e allestimento, coinvolgere tutti i sensi, e non solo quello della vista che di solito è il più sollecitato nelle esposizioni d’arte. Sia chiaro, non è che gli organizzatori di questa mostra siano stati i primi a concepire eventi di questo genere. Accade abbastanza frequentemente all’estero, e qualche volta in Italia, raramente però nelle grandi mostre che si pongono quasi sempre quali eventi ‘autoreferenziali’, del tipo “l’oggetto parla da sé per le sue qualità, l’aspetto didattico è secondario, e così sia”. In questa mostra del Palazzo delle Esposizioni, invece, si annusa (gli odori delle spezie), si ascolta (la musica tradizionale), si ammirano gli oggetti (molto belli, e alcuni molto importanti, vedi per citarne uno la fantasmagorica coppa in pasta vitrea, smalti e pietre preziose proveniente dal Tesore di San Marco a Venezia). Naturalmente, non si toccano gli oggetti autentici (…), e neanche si gustano i sapori, anche se non ho avuto modo di passar eper la caffetteria del museo, e chissà. Ma accontantiamoci, altrimenti quello sarebbe il museo perfetto e questa la mostra della vita, ma è un sogno, e tra i sogni, confesso di preferire quello del viaggio reale lungo la Via della Seta. Forse tale, un sogno, rimarrà, ma perché smettere di pensare che possa avverarsi? Infine non posso dimenticare di citare la bella sezione dedicata alle influenze che nel XIII-XIV secolo, al tempo della dominazione asiatica dei mongoli eredi di Genghis Khan, l’Oriente ha avuto sulle manifatture europe, in particolare quelle italiane. Fu allora, soprattutto con i tessuti in seta che si producevano a Lucca, Firenze e Venezia, che nacque quella che io definirei come ‘proto-Cineseria’ con tutto quello che ciò avrebbe poi significato per i repertori degli artisti e degli artigiani europei, e più ampiamente per la storia dell’evoluzione del gusto in Occidente. Una storia, anche questa affascinante e bellissima, che qui non posso introdurre, neanche per brevissimi spunti.
Il treno infatti sta arrivando a destinazione. Sono stanco ma davvero soddisfatto per una bella giornata passata a Roma all’insegna dell’Oriente.