Siate sinceri!
A qualcuno di voi è mai capitato di conoscere un personaggio di un fumetto?
E non mi riferisco ad una comparsa, ad un personaggio con ruolo secondario (che anche questo sarebbe fatto di non poco conto…), bensì al protagonista di un’opera grafica, al vero e proprio ‘eroe’ di un’avventura?
Allora, qualcuno di voi l’ha mai conosciuto, in carne ed ossa?
Ora, potrei aspettarmi risposte del tipo: “Sì. Io una volta ho cenato con Superman, ma era sotto le mentite spoglie di Clark Kent…”, oppure: “Mi ricordo quella volta in cui fui salvato da Catwoman”, o ancora: “Ier l’altro ho sorpreso Diabolik a casa: strano, non era insieme a Eva Kent”, o anche “Giuro! Quello in ascensore era proprio Dylan Dog: l’ho riconosciuto e gli ho chiesto un autografo, che tipo gentile!”. Potreste rispondermi così, ma chi vi crederebbe?
Invece, a me dovete credere, poiché io ho conosciuto davvero un eroe dei fumetti. Anzi non solo l’ho incontrato, ma posso anche dire che siamo tuttora in ottimi rapporti!
E’ un eroe donna. E’ Chris Caryatid, la bella protagonista della graphic novel intitolata Professor Munakata’s British Museum Adventure, concepita e realizzata dal noto disegnatore di manga Hoshino Yukinobu, pubblicata dapprima in Giappone nel 2010, quindi in versione inglese nel 2011 per conto della The British Museum Press di Londra, ovviamente.
Nella storia Chris Caryatid è l’affascinante curatrice della sezione giapponese del fantastico British Museum. Per questo sua mansione, la strada di Chris si incrocia a Londra con quella del professor Munakata, personaggio già protagonista di altri lavori di Hoshino Yukinobu (in Giappone è la sua creazione più popolare). Iniziano così le disavventure dell’improvvisata coppia di investigatori, alle prese con un caso piuttosto grave e complesso.
Il disegnatore giapponese tesse una trama criminale certo un po’ improbabile, ma divertente, soprattutto per quei lettori che abbiano una qualche familiarità con alcuni dei maggiori capolavori conservati nel British Museum. Scorrendo le pagine del fumetto si vedono infatti la celeberrima Stele di Rosetta, gli altrettanti famosi marmi del Partenone, gli stupecenti rilievi assiri di Nimrud, le fantastiche placche metalliche del Benin, il maestoso Buddha cinese in pietra della dinastia Sui, l’enigmatica scacchiera di Lewis, e altri ancora. Il museo più interessante di Londra, e uno dei più ammirati del mondo, ha quindi un ruolo strategico nello sviluppo della storia concepito da Hoshino Yukinobu. Tuttavia, una parte fondamentale giocano poi niente meno che i megaliti di Stonehenge, tanto per rimanere nell’ambito di creazioni umane dall’alto contenuto di mistero. E la stessa metropoli inglese, con i suoi luoghi più famosi compare in moltissime tavole: Westminster, la ruota panoramica, Trafalgar Square e, soprattutto, la cattedrale di St. Paul. I disegni del maestro giapponese sono netti e dettagliatissimi, curati nei minimi particolari, quasi a riprodurre il meglio di una città e della sua cultura.
Ma, per dirla tutta, i capolavori del British Museum più sopra ricordati fino a che punto possono in verità considerarsi specchio della cultura anglosassone? Se si volesse escludere infatti la scacchiera, la cui origine non è ancora stata accertata, essi provengono tutti da luoghi del mondo ben lontani dalla ‘vecchia’ Inghilterra. Dall’Egitto, dall’Iraq, dalla Grecia, dalla Cina, dalla Nigeria. Questo dato di fatto non sarà sfuggito a chi abbia avuto il piacere di visitare quel tempio mondiale della storia e della cultura. Certo, gran parte di quei reperti di inestimabile valore si trovano a Londra ormai da moltissimo tempo, anche secoli: essi sono testimonianza del predominio coloniale inglese che ha caratterizzato una lunga fase della storia dell’umanità. Resta però l’assunto incontrovertibile che gli inglesi se ne appropriarono, nelle maniere più varie, dall’acquisto alla depredazione, dal furto al salvataggio.
La mia opinione netta su questo argomento è che questi preziosi manufatti debbano rimanere dove ora si trovano, ovvero nel British Museum. Sono lì da ormai troppo tempo, radicati in quelle sale, completamente ‘storicizzati’. E a nulla possono valere le pretese di restituzione che ogni tanto vengono esternate da parte degli stati in cui quei tesori furono realizzati. I greci vorrebbero indietro i marmi di Fidia del Partenone? E per farne che? Magari per rivenderselo, considerando la loro attuale, disastrata, condizione economica (mi si passì l’amara battuta, che non aveva intenzione però di far ridere…)?
La questione è, come si dice, ‘spinosa’. E Hoshino Yukinobu la utilizza per tessere una trama avventuresca, non certo per esprimere pareri a proposito.
Non sarebbe stato il caso, è argomento troppo controverso. Così crea una storia di complotto e ricatto ‘culturale’, immaginando inverosimilmente, troppo inverosimilmente, che i pietroni di Stonehenge possano diventare bombe, distruggere St. Paul, minare il senso patriottico degli inglesi e indurre i governanti alla restituzione del ‘maltolto’ conservato nel British Museum, inscenando un piano concepito addirittura per ordine di Napoleone che non ci stava a perdere la Stele di Rosetta, presa come bottino di guerra da parte degli inglesi vincitori. Pura fantasia: Napoleone aveva ben altro a cui pensare in quei per lui dolorosi frangenti del 1815…
L’avventura del Professor Munakata al British Museum è quindi immaginazione, fantascienza. D’altra parte la fiction, di qualsiasi tipo essa sia, può permettersi questo ed altro, e non la si può certo criticare per scarso realismo. L’importante è che essa coinvolga il pubblico, e su questo non ho dubbi: ho letto il fumetto tutto d’un fiato, trascorrendo un paio d’ore simpatiche, godendomi i bei disegni e la suggestiva ambientazione della storia, riuscendo pure a farmi una ‘ripassata’ del meglio dell’amato museo inglese. E per questi motivi ne consiglio la lettura, anche in inglese, che finora non ho notizie di una sua traduzione in italiano.
Andando avanti con la lettura, mi ero sempre più convinto che il finale non sarebbe potuto essere che lieto. Il disastro sventato, i capolavori rimasti intatti, i malfattori assicurati alle galere, i protagonisti buoni in salvo, e che magari ci sarebbe anche stato un bacino, forse sulla guancia, tra l’attempato e corpulento professore giapponese e l’esile e avvenente curatrice inglese.
E invece no! Colpo di scena: Chris Caryatid muore. Ebbeno l’ho scritto, e per questo sarò forse maledetto: ho svelato il finale, la peggior cosa che si possa fare raccontando una storia, un film, un romanzo o un fumetto, a chi non l’abbia letta o vista sugli schermi. Non chiedo perdono, ma comprensione. E poi vi assicurò che questo exploit conclusivo non costituisce il fulcro della trama, che si svolge su tutt’altri binari compositivi. Tuttavia, è innegabile, Chris nel fumetto muore. E morendo ricorda a Munakata di far sì che la sua raccolta di oggetti d’arte giapponesi vada proprio in dono al British Museum, secondo una pratica che pare sia molto in voga tra i curatori che hanno speso una vita di lavoro e ricerche in quella istituzione.
Chris muore, e da appoggio nelle investigazioni dell’arguto Munakata, si trasforma in eroe. Il vero eroe di quest’avventura londinese. Eroe come molti di quegli eroi giapponesi che proprio morendo diventano beniamini immortali. Questa caratteristica della cultura giapponese è stata spiegata magistralmente da Ivan Morris nel suo saggio rivelatore The Nobility of Failure: Tragic Heroes in the History of Japan (1975; edito in italiano nel 1983 col titolo La nobiltà della sconfitta): fu questo esimio studioso a farci comprendere come sia stato possibile che Minamoto no Yoshitsune (1159-1189) sia stato elevato a rango di più grande eroe giapponese, proprio lui che morì giovanissimo e derelitto perseguitato dal potentissimo fratello Yorimoto (1147-1199). Così, e mi si passi l’azzardato paragone, come Yoshitsune anche Chris Caryatid dona la sua giovane vita per salvare dalla distruzione certa un busto egiziano nel British Museum, facendo scudo con il proprio corpo all’attacco del cattivone di turno. Morire per un ideale, per una passione, per la cultura. E’ proprio un eroe Chris, una delle mie preferite!
Fantasia, ovviamente. Nulla di tutto ciò è accaduto, e a mia conoscenza nessun curatore del British Museum è mai morto in questo modo eroico ma truculento.
E allora, com’è possibile che io abbia fatto la conoscenza di quest’eroina? Pur non esistendo infatti nel British Museum una curatrice con quel nome, il personaggio di Chris Caryatid, almeno nelle fattezze fisiche è ispirato ad una persona reale. Hoshino Yukinobu l’ha concepito avendo a mente una vera curatrice nella sezione giapponese del museo. Si tratta di Nicole Coolidge Rousmaniere, apprezzata conoscitrice di arti e cultura giapponesi che, oltre all’incarico prestigioso nel museo londinese, è a capo del Sainsbury Institut for the Study of Japanese Arts, autrice di molti studi sull’argomento e curatrice di molte importanti mostre di arte giapponese, attenta osservatrice inoltre delle più recenti tendenze dell’arte e dell’alto artigianato giapponesi. L’ho incontrata più volte, e abbiamo anche collaborato alla riuscita della mostra Giappone. Terra di incanti che si è tenuta a Firenze nella primavera del 2012. Una donna affascinante, oltre che molto piacente. Hoshino Yukinobu l’ha ritratta in moltissime tavole della sua graphic novel ambientata al British Museum, rimanendo piuttosto fedele nell’immagine disegnata al reale aspetto della studiosa. Le ha quindi riservato il posto d’onore nella storia, proprio decidendo per la sua morte eroica nel finale. Beh, dev’essere stata una grande soddisfazione per Nicole, essere protagonista di un fumetto ad opera di un così famoso artista!
E’ per questo dunque che io posso pregiarmi di conoscere di persona un eroe, anche se solo fittizio. Non sarà Batman, ma ha combattuto anch’ella per un ideale fino alle estreme conseguenze.
P.S.
Ho scritto questo ‘papiello’ non solo perché ho letto il fumetto e volevo così fissarne le mie impressioni, ma anche poiché volevo così ringraziare proprio Nicole che me ne donò una copia intorno al 23 giugno, quando venne a Firenze per incontrarmi, visitare la mostra a Palazzo Pitti e deliziarci eponendo parte delle sue amplissime conoscenze sulla ceramica giapponese in occasione del convegno Il Giappone e l’Europa nell’età moderna. Storia di una reciproca scoperta.