Questa è l’opera che maggiormente mi ha impressionato tra quelle esposte a Milano, presso il Museo della Permanente, dal 4 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018, per la mostra intitolata Kuniyoshi. Il visionario del mondo fluttuante, per l’appunto dedicata a Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), uno dei grandi protagonisti dell’Ukiyo-e, le “immagini del mondo fluttuante”, dell’Ottocento.

Realizzata nel 1858, è composta come trittico di fogli di formato grande (ōban, cm. 37,5 x 25,5 ognuno), ovvero da tre stampe xilografiche in ricca policromia,  dettagliate in tutti i più minuti particolari.

Raffigura con tutta evidenza un incontro di sumō, la lotta tradizionale giapponese. Tuttavia, non si tratta di un incontro qualsiasi, bensì del più importante e famoso che sia avvenuto nella storia giapponese, tanto da oltrpassare i limiti dell’aneddotica per entrare a far parte dell’ambito della mitologia più classica dell’arcipelago estremo-orientale.
I due contendenti sono sulla destra Kawazu Saburō Sukeyasu e sulla sinistra Matano Gorō Kagehisa. Lo scontro ebbe realmente luogo nel 1176 sul monte Akazawa, alla presenza di Minamoto no Yoritomo (1147-1199) – diventato nel 1192 il primo shōgun (“generalissimo”) della storia nipponica – e del suo entourage, raffigurato nell’opera di Kuniyoshi sul lato destro del foglio di destra.
Nell’epico combattimento ebbe la meglio Kawazu che l’anno dopo sarebbe stato assassinato, con la probabile complicità di Matano che non era riuscito ad accettare quella cocente sconfitta. I figli di Kawazu, Sukenari e Tokimune, più noti con i nomi di Jurō e Gorō e universalmente conosciuti come i fratelli Soga, alla morte del padre giurarono vendetta, che fu compiuta con l’uccisione dell’assassino Suketune durante una battuta di caccia; i due sarebbero entrambi periti come conseguenza del loro atto, ma la loro storia divenne immortale come emblema dell’amore filiale e fonte di ispirazione per moltissime generazioni a venire.
La composizione di Kuniyoshi esprime un dinamismo eccezionale, con le due figure atteggiate in pose tanto innaturali quanto potenti. L’espressione dei volti dei contendenti rivela già l’esito dello scontro: Kawazu punta l’avversario con uno sguardo fulminante mentre Matano – consapevole dello svantaggio accumulato – sembra già presagire la sconfitta. Le masse dei corpi seminudi incombono sulla superficie pittorica fino ad occupare gran parte dello spazio disponibile, sfiorando i margini dei fogli quasi a voler strabordare oltre i limiti della carta.
L’effetto complessivo è di grande potenza muscolare e di fremente tensione plastica ed emotiva. La superba profusione di vivace policromia accentua la raffinatezza di un’opera che è ai vertici della produzione artistica non solo di Kuniyoshi, ma di tutta la grafica giapponese dell’Ottocento.