I motivi per collezionare arte sono così tanti quanto gli stessi collezionisti.
In altre parole, ognuno ha le sue ragioni e i suoi modi per accumulare manufatti.
C’è chi assembla seguendo un filo cronologico, chi estetico, chi storico, e c’è anche chi compra solo quello che gli capita, lasciando che sia il caso a dettare le linee guida della sua raccolta.
Tutte le modalità sono buone, quel che conta è in realtà il risultato.
Edward C. Moore (1827-1891) era un artista, per decenni responsabile del dipartimento di argenti di Tiffany & Co., la maison celebre nel mondo per i suoi manufatti di inusitata eleganza, specchio del gusto statunitense in materia d’arte.
La sua straordinaria collezione riflette la sua costante ricerca di manufatti che potessero in un modo o nell’altro essergli d’ispirazione per le creazioni di Tiffany.
Una mostra al Metropolitan Museum of Art di New York, intitolata Collecting Inspiration. Edward C. Moore at Tiffany & Co. e tenutasi tra il 9 luglio e il 20 ottobre di questo 2024, ha celebrato da una parte il gusto di Moore in materia di collezionismo, e insieme l’evidente influenza di questi manufatti sulla produzione Tiffany di argenti al tempo in cui egli dirigeva quel dipartimento della maison.
Non è un caso che un’esposizione su questo tema si sia tenuta al MET, poiché esso costudisce non solo un cospicuo nucleo di argenti Tiffany della seconda metà dell’Ottocento, ma conserva inoltre l’intera collezione di Moore, donata per suo esplicito volere all’istituzione museale newyorkese subito dopo la morte del 1891.
La mostra si concentra su alcune macro-aree del collezionismo di Moore, mettendo a confronto alcuni capolavori della sua raccolta e quegli oggetti Tiffany che hanno ispirato.
Il mondo antico, e dunque le antiche civiltà della Grecia e di Roma, rappresentate prevalentemente da vetri, che una delle ambizioni artistiche di Moore era proprio quella di applicare all’argento le mirabolanti colorazioni dei vetri antichi.
Un passione per questo materiale indubbiamente magico che spinse Moore ad acquisire anche vetri europei, in particolare veneziani e ancora di qualità eccezionale, prodotti tra il Cinquecento e la metà dell’Ottocento.
L’arte islamica. Moore fu un vero pioniere in questo genere di colto collezionismo, tra i primi negli Stati Uniti a raccogliere materiali antichi provenienti dall’Asia occidentale e dall’Africa settentrionale, tra meravigliosi metalli ageminati (una delle glorie dell’arte islamica di tutti i tempi), tessuti, ceramiche e ancora vetri.
L’arte dell’Asia più lontana. Edward C. Moore è vissuto in quel periodo storico in cui l’arte della Cina e, soprattutto, del Giappone assunsero un ruolo predominante nel collezionismo europeo e statunitense.
In particolare le arti del Paese del Sol Levante che, come è noto, proprio intorno alla metà dell’Ottocento uscì da un lunghissimo periodo di isolamento dal resto del mondo, stimolato con la forza dei cannoni proprio dalla flotta americana al comando del Commodoro Matthew Perry.
Il Giappone fu senza dubbio la ‘scoperta’ di quel periodo in ambito artistico, stimolando un numero grandissimo di artisti e artigiani, e dando vita a quel fenomeno di gusto noto con il termine di Japonisme.
Edward Moore non rimase indifferente a quella novità, acquisendo un nucleo di importanti opere giapponesi, tra netsuke, inrō, lacche, tessuti, metalli e ceramiche.
Le più esaltanti caratteristiche di questi manufatti, tra cui l’accentuato naturalismo e l’indubbia perfezione tecnica, si ritrovano frequentemente nella produzione Tiffany intorno agli anni ottanta del XIX secolo, rielaborate secondo un gusto che non solo riflette le idee stilistiche di Moore ma che interpreta al meglio quel desiderio di esotismo lussuoso perseguito dalla rampante società statunitense del tempo.