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Thangka tibetana con Yama Dhamaraja e Chamundi, XVIII secolo. Collezione, Jongen-Schleiper.

Jeannette Jongen e Eric Schleiper ‘scoprirono’ l’arte himalayana nel 1974, anno in cui viaggiarono per la prima volta in Nepal. Da allora si dedicarono a collezionare sculture e thangka buddhiste, e già nel 1978 le loro opere formarono il nucleo principale di una importante pubblicazione sull’argomento, Etudes d’art lamaïque et de l’Himalaya, ancora oggi molto utile per chi volesse approfondire questo affascinante ambito dell’arte asiatica.
L’11 maggio di questo 2017, Bonham’s offre all’asta nella sua sede di Londra le thangka della collezione Jongen-Schleiper, dopo aver proposto con successo nel novembre 2015 la raccolta di bronzi.
Il catalogo dell’asta ha un’introduzione di Jeff Watt, direttore e curatore del sito www.himalayanart.org, inesauribile fonte di risorse per l’arte himalayana, e si apre con due opere che non sono disponibili per l’acquisto, per motivi che non conosciamo, una delle quali è forse la più importante della collezione, utilizzata anche per la copertina del volume sopra ricordato.
Raffigura Yama Dhamaraja e Chamundi, divinità protettrice della meditazione ed emanazione del bodhisattva Manjushri, particolarmente venerata dai monaci Gelugpa.
Le grandi dimensioni, la vivacità dei colori e la complessità della composizione, sono elementi che fanno di questa immagine devozionale un vero capolavoro.
Datata al XVIII secolo, conserva sul retro un’iscrizione di mano del settimo Dalai Lama, Kalzang Gyatso (1708-1757), presenza che accresce esponenzialmente la sua rarità.
Il top lot dell’asta è sicuramente il n. 26, che parte da una stima di 200.000-300.000 £.
Si tratta di un trittico nel quale sono raffigurati il primo, il terzo e il quarto Lama del lignaggio Panchen, secondo per autorità solamente alla tradizione Gelug. I Lama Panchen risiedevano nel monastero Tashilhunpo, nei pressi di Shigatse, Tibet centrale.
L’opera è datata al 1835 circa, e fu commissionata dal quarto Lama Lobzang Tempai Nyma (1781-1854) che chiese di essere raffigurato nella thangka centrale del trittico. Alla sua destra è posizionata la thangka con il primo Lama Panchen, Lobzang Chokyi Gyaltsen (1570-1662), con il quale si originò il lignaggio. La terza thangka raffigura invece il terzo Lama, Palden Yeshe (1738-1780), forse il più noto dei tre poiché fu molto venerato dall’imperatore cinese Qianlong (regno 1736-1795). Il Lama si recò in Cina nel 1780 su invito del sovrano che in quell’anno festeggiava il suo settantesimo compleanno. Qianlong lo nominò suo precettore e i due conversarono in tibetano, scambiandosi doni di opere devozionali. La morte improvvisa del Lama durante quel soggiorno a Pechino ispirò all’imperatore la costruzione di un padiglione in sua memoria all’interno del recinto della Città Proibita, intitolato Yuhua Ge, “Il Padiglione della Pioggia e dei Fiori”.
La qualità pittorica del trittico è notevole, e lo stato di conservazione molto buono. Le tre figure occupano ognuna la posizione centrale dello spazio disponibile, circondate da un nugolo di divinità e maestri della dottrina, una parte dei quali scelti poiché furono precedenti incarnazioni del Lama raffigurato.
Come spiega Jeff Watt nell’introduzione, è difficile che una thangka sia realizzata come opera singola, ed è al contrario più comune che queste immagini devozionali fossero concepite in gruppo. Tuttavia, non è facile ritrovare set completi, ed è anche per questo che il trittico della collezione Jongen-Schleiper attrarrà l’interesse di numerosi potenziali acquirenti, alcuni dei quali – crediamo – cinesi, affascinati dalla rappresentazione di uno dei Lama più stimati da Qianlong, l’imperatore più raffinato nella storia della dinastia Qing.image