Ho un particolare legame con Torino, che è a mio parere una città bellissima.
Fortunatamente, mi capita piuttosto spesso di andarci per motivi non solo di svago, e di ogni visita conservo un bellissimo ricordo, tra monumenti, mostre, buon cibo, vino eccezionale e gente piuttosto cordiale, dai modi aperti che sembrano quasi ‘meridionali’.
A Torino non mancano certo le occasioni di imbattersi in opere d’arte dell’Asia.
Il MAO, tra i più giovani musei inaugurati in Italia, è divenuto in pochi anni un punto di riferimento per gli appassionati di arte orientale. Le sue collezioni permanenti sono piuttosto interessanti, e il programma di mostre temporanee è stato sempre ricco, sebbene negli ultimi tempi – con l’arrivo di un nuovo direttore, di cui non so nulla – l’approccio alla divulgazione sia cambiato rispetto a quello che si faceva negli anni precedenti, vedremo…
Tuttavia, la città ha un legame con le arti dell’Asia orientale le cui origini si possono far risalire già al XVI-XVII secolo, agli albori dunque del collezionismo di esotica in Europa.

Piatto in porcellana con lo stemma del Principe Eugenio di Savoia. Cina, 1715-1725 circa. Torino, Palazzo Madama.

I membri della famiglia Savoia, è noto, furono infatti tra i primi in Italia ad acquisire manufatti provenienti dalla Cina, promuovendo contestualmente il fenomeno della Cineseria, complice anche la vicinanza con la Francia che specialmente nel Settecento avrebbe divulgato quel gusto nel resto del continente.
Ancora oggi in tutto il Piemonte, soprattutto nelle residenze nelle disponibilità dei Savoia ma anche nei palazzi di altre notabili famiglie, si possono ammirare numerose sale allestite ‘alla cinese’, progettate e realizzate da architetti e artisti di fama come Filippo Juvarra e Pietro Massa.
Palazzo Reale a Torino, Villa della Regina, Venaria, Stupinigi: negli ambienti di queste e di molte altre nobili dimore piemontesi si respira fortissimo il piacere esotico della Cineseria.
Della raccolta sabauda di porcellane, lacche, tessuti e curiosità provenienti dalla Cina è sopravvissuto agli eventi della storia un nucleo esiguo rispetto alla sua consistenza originaria, ma piuttosto significativo, attualmente esposto in prevalenza nel palazzo reale di città.
A uno dei membri di casa Savoia appartengono anche due piatti in porcellana cinese attualmente conservati presso il museo di Palazzo Madama.
Non v’è dubbio che furono di proprietà del Principe Eugenio di Savoia (1663-1736), poiché al centro di entrambi campeggia il suo stemma araldico personale. Essi furono probabilmente commissionati tra il 1716 e il 1724, periodo in cui l’aristocratico ricopriva la carica di governatore dei Paesi Bassi, e aveva dunque maggiore vicinanza con i centri nevralgici europei della Compagnia delle Indie Orientali olandese.
Essi sono dunque tra i pochi esemplari di porcellana cinese con stemma araldico italiano di cui si ha tuttora evidenza.
Questi due piatti sono esposti nella vetrina dedicata alla porcellana cinese, la quale conclude il percorso espositivo del museo di Palazzo Madama riservato alle ceramiche e alle porcellane, ricco di numerosi pezzi di notabile qualità.

Fiasca ‘a luna’ in porcellana ‘bianco e blu’. Cina, inizio del XV secolo. Torino, Palazzo Madama.

Se i due piatti appartenuti al Principe Eugenio si distinguono soprattutto per essere un importante documento dei rapporti commerciali tra l’aristocrazia italiana e le fornaci di Jingdezhen, altre porcellane in quella stessa vetrina si impongono per una qualità materica senz’altro superiore, nessuna di loro di provenienza sabauda poiché tutte furono acquisite tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando il palazzo fu destinato a ospitare le collezioni d’arte della città.
Di grande fascino è sicuramente una raffinatissima fiasca ‘a luna’ (bianhe) in porcellana con decoro in blu di cobalto steso al di sotto dell’invetriatura trasparente dai tenui riflessi azzurrati.
Il blu si staglia deciso, alternando stesure più fluide alle concrezioni tipiche del cobalto usato in quel periodo, fulgido per la storia della porcellana cinese, a formare un motivo floreale stilizzato ‘a rosetta’ che mostra con evidenza influenze persiane. La stessa forma di questa fiasca rielabora prototipi dell’Asia Centrale, molto apprezzati dagli imperatori cinesi sul trono nel XV secolo. Porcellane con questa forma e decoro erano inoltre molto ambite proprio in Asia Occidentale, ed infatti un esemplare simile è conservato nelle collezioni ottomane del Topkapi Museum di Istanbul.

Piatto in ceramica di Longquan con invetriata céladon. Cina, seconda metà del XIV secolo. Torino, Palazzo Madama.

Nelle collezioni turche, oltre alle porcellane ‘bianco e blu’, sono presenti numerose ceramiche di Longquan con invetriatura céladon, una tipologia che fu esportata in grandi quantità in Asia Occidentale fin dal XIII-XIV secolo.
Proprio alla seconda metà del Trecento, tra la fine della dinastia Yuan e l’inizio della dinastia Ming si data il bel piatto céladon nel Museo di Palazzo Madama, caratterizzato da un decoro di drago in accentuato rilievo al centro del fondo. Esemplari in tutto simili a questo, a conferma di quanto scritto più sopra, si trovano ancora nello stesso museo di Istanbul.
Molto interessante è anche la coppia di vasi decorati a smalti della ‘Famiglia Rosa’ con figure di orientali all’interno di riserve dalle cornici di chiaro gusto europeo.
Si tratta della trasposizione di uno dei disegni che l’artista olandese Cornelis Pronk (1691-1759) realizzò su commissione della Compagnia delle Indie Orientali olandese perché fossero trasposti su porcellana a Jingdezhen. Databili al 1738 circa, questi vasi raccontano un altro momento dell’esaltante storia dei rapporti commerciali e artistici tra Europa e Cina, nella quale la porcellana cinese fu tramite straordinario di cultura.

Coppia di vasi in porcellana ‘Famiglia Rosa’ con decoro di Cornelis Pronk. Cina, 1738 circa. Torino, Palazzo Madama.