Uno degli aspetti più intriganti nel mercato dell’arte, da sempre, è la sua capacità di evolversi.
Le dinamiche di questa evoluzione non sono, non possono essere lineari, e i fattori che le determinano sono per forza di cose variabili. Non sempre, cioè, è possibile prevedere certi fenomeni, che tuttavia accadono, a volte deflagrando in momenti temporali che non lasciavano intravedere quegli stessi sviluppi.
Una certezza però c’è, nonostante le incognite di certi processi.
La qualità.
Se un’opera ha una sua intrinseca qualità, riflettendo il talento di un autore, la sua capacità di innovare un repertorio, o addirittura di creare uno stile, una corrente, un genere, prima o poi – in quel momento che non si può prevedere e di cui si è detto – i conoscitori, i collezionisti, i mercanti, le case d’aste, gli amatori se ne avvedranno, e allora un stimolo irromperà potente in quell’inesauribile caleidoscopio di forme, linee e colori che è l’arte.
Tra i fenomeni più interessanti di questo tipo che hanno avuto luogo in tempi recenti, va sicuramente annoverata l’arte antica e moderna del Vietnam.
Tra le cause principali del recente successo delle arti di quel Paese – raffinate nella loro combinazione di spunti originali e rielaborazioni di modelli provenienti soprattutto dalla Cina – vi è senz’altro la maggiore disponibilità economica tra i collezionisti asiatici che, com’è successo platealmente con la Cina da un paio di decenni a questa parte, sentono sempre più forte il desiderio di promuovere la loro cultura tradizionale attraverso l’acquisizione di tesori che nel passato più o meno recente avevano preso la via dell’estero.
Si potrebbero citare moltissimi casi di importanti vendite di manufatti vietnamiti che hanno avuto luogo presso case d’aste soprattutto in Francia, nazione che per lunghissimo tempo – com’è noto – ha avuto radicati interessi politici, militari ed economici in Indocina.
Tra le tipologie di oggetti vietnamiti che maggiore interesse hanno attratto ultimamente, si possono ricordare senza dubbio quei dipinti realizzati utilizzando la lacca (so’n mài).
L’uso della vernice estratta dalla pianta della Rhus verniciflua è attestato in Vietnam da tempi molto antichi. Tuttavia, come in Cina e nel resto dell’Asia più lontana, essa è stata utilizzata prevalentemente come rivestimento più che per produrre decori figurativi. La sua caratteristica principale è infatti quella di impermeabilizzare le superfici, e a questo scopo era applicata su diversi materiali, dal legno ai metalli, dalla pietra alla ceramica.
L’intuizione di poter usare la lacca come un pigmento pittorico, in maniera analoga a quanto si fa con i colori a olio, le tempere e gli acquerelli, si fa risalire n Vietnam al secondo decennio del Novecento, promosso con convinzione da alcuni esponenti dell’École des Beaux-Arts de l’Indochine, tra i quali soprattutto Victor Tardieu (1870-1937), Joseph Inguimberty (1896-1971) e Nguyen Van Tho (1890-1973).
In parte ispirati dall’uso pittorico che si faceva della lacca in Giappone già da tempo (tra i numerosi autori nipponici che si cimentarono con questa tecnica si ricorda soprattutto Shibata Zeshin, 1807-1891), questi artisti si proponevano di rinnovare le arti tradizionali del Vietnam attraverso la combinazione di queste ultime con certi canoni della pittura europea.
Il risultato è stata la nascita di un genere artistico assolutamente originale, per tecnica e aspetti formali. Applicate su tavola, le lacche assumono delle variegazioni tonali di grande intensità, soprattutto quando arricchite dall’applicazione di polveri dorate o argentate, e di gusci d’uovo con effetto di craquelure, anche quest’ultima tecnica ispirata a paradigmi sperimentati in precedenza in Giappone.
Già nel 1932 l’École introdusse ufficialmente tra i propri insegnamenti quello della pittura a lacca, e in anni appena successivi la tecnica fu elevata dal rango di artigianato a quello di belle arti. Si avviarono numerose botteghe specializzate, tra cui quelle di Pham Hau (1903-1995), Nguyen Gia Tri (1908-1993), Nguyen Van Ty (1917-1992), Hoang Tich Chu (1912-2003) e Le Quoc Loc (1918-1987), le quali in molti casi poterono beneficiare di sovvenzioni governative.
Possedere un paravento o pannelli da appendere (formati prediletti per questo genere artistico) dipinti a lacca divenne in breve uno status symbol per le classi sociali più elevate del Paese, sia tra i vietnamiti sia tra i francesi.
Con queste premesse, quindi, non si può certo affermare che questo genere artistico sia venuto in auge all’improvviso, senza ch avesse per l’appunto quella qualità di cui si è detto, anzi.
Tuttavia, è solo da qualche anno – come si è accennato precedentemente – che il complesso mercato dell’arte si è reso pienamente consapevole di questa raffinatissima forma d’arte, e di conseguenza i prezzi delle opere più riuscite sono saliti esponenzialmente.
Tra le migliori aggiudicazioni si ricordano i pannelli con Nove carpe nell’acqua di Pham Hau, venduto per oltre un milione di dollari presso Sotheby’s Hong Kong nel febbraio 2019; la Veduta con pagoda nel nord del Vietnam (1934) dello stesso artista per la stessa cifra circa ancora presso Sotheby’s Hong Kong il 5 aprile 2014; il grande dipinto del 1942 di Nguyen Van Ty, intitolato Hoi Dinh Chen (La festa del tempio Chem), altra versione di un’analoga opera conservata nel Vietnam National Fine Arts Museum di Hanoi, battuto da Druot a Parigi il 26 settembre 2020 per circa un milione di euro; il Paesaggio di Phnom Penh (1,99 x 400 cm) di Le Quoc Loc, che ha raggiunto la cifra di 1.220.000 euro il 21 ottobre 2021 presso Millon ancora a Parigi; un dipinto del 1938-1945 di Pham Hau, raffigurante un Tramonto dorato sulla baia Halong (100 x 198 cm) e appartenuto a Bao Dai, ultimo imperatore vietnamita, esitato presso Bonham’s Hong Kong il 27 novembre 2021 per circa un milione di dollari.