Il 2009 è stato per la città di Milano “L’anno del Giappone”. Per gli appassionati di arte e di cultura giapponese è stata un’occasione unica, speriamo ripetibile, di immergersi nell’atmosfere suggestive di un paese tanto lontano quanto affascinante.

In concreto, in città si sono susseguite, senza interruzione, mostre di una certa importanza dedicate a vari aspetti dell’arte giapponese. Il tutto è iniziato nel novembre del 2008, quando il Museo Poldi Pezzoli ha inaugurato l’esposizione “Netsuke. Sculture in palmo di mano”, dedicata a quelle fantastiche statuette in miniatura che sono i netsuke. Il 25 febbraio si è quindi aperta “Samurai”, a Palazzo Reale fino al 2 giugno. Nella stessa prestigiosa cornice sarebbero quindi state inaugurate “Monet. Il tempo delle ninfee” (30 aprile – 27 settembre), in cui molto spazio era dedicato all’influenza delle stampe giapponesi sull’arte del celebre impressionista francese, “Shunga. Arte ed Eros nel Giappone del Periodo Edo” (21 ottobre 2009 – 31 gennaio 2010) e, infine, “Giappone. Potere e Splendore 1568-1868” (7 dicembre 2009 – 8 marzo 2010).

Un programma ‘succulento’, dunque, all’interno del quale si è inserita anche un’ulteriore iniziativa di grande interesse. Alcuni noti antiquari milanesi specializzati nella vendita di manufatti nipponici, approfittando della presenza in città di mostre sul Giappone di tale importanza, si sono per una volta ‘alleati’, offrendo al pubblico – nel mese di dicembre del 2009 – una sorta di percorso ‘Giappone’ lungo le vie del centro di Milano, intitolando l’avvenimento “Passione Giappone”.

La Galliavola, Netsuke, XVIII secolo

Per chi come me ha dedicato un’intera giornata pre-natalizia al ‘Giappone a Milano’, la visita poteva iniziare dalle parti di San Babila, addobbata anch’essa con grandi origami di fiori di loto e di gru sospesi sulla fontana. In Via Borgogna si trova infatti La Galliavola, storica galleria da sempre specializzata in arte cinese e giapponese. Da qualche tempo Roberto Gaggianesi e figlia si dedicano prevalentemente all’arte nipponica, con particolare attenzione ai netsuke e ai vari sagemono: si possono ormai considerare un punto di riferimento in Italia per gli appassionati e i collezionisti di questo genere di manufatti, grazie anche alla pubblicazione periodica di un interessante bollettino dedicato ai Netsuke. In occasione dell’evento “Passione Giappone” hanno organizzato una propria esposizione, intitolandola Geniale sintesi. Storia e cultura del Giappone nell’arte dei netsuke.

Non lontano dalla Galliavola, in via San Damiano, è ubicata la galleria di Giuseppe Piva, al quale dobbiamo anche l’organizzazione e la cura scientifica della mostra “Samurai”. Nel suo negozio si possono ammirare paraventi dipinti, armature, spade e oggetti d’arte giapponese di vario genere, alcuni di ottima fattura. Nel corso della mia ultima visita ho potuto osservare da vicina una delle sue ultime acquisizioni, ovvero un’affascinante statuetta (h. cm. 37) in legno con finimenti in metallo e applicazioni in pietre, raffigurante Monju (in sanscrito Mañjuśrī), bodhisattva della saggezza, riconoscibile come tale per la presenza dei suoi due più classici attributi, ovvero la spada nella mano destra e il rotolo del Sutra della conoscenza trascendente (Prajñāpāramitāsūtra) in quella sinistra.

Giuseppe Piva Antiquariato Giapponese, Monju, XIV secolo

La statuetta, da Giuseppe Piva giustamente attribuita ad un ignoto artista, forse originario di Nara, gravitante nell’ambito della Scuola Kei e datata alla seconda metà del XIV secolo, mi ha fatto subito venire in mente l’icona principale della cosiddetta “Sala dei Trentatrè intercolumni” (Sanjūsangendō) di Kyoto, opera più nota di Tankei (1173-1256), figlio di Unkei (1151-1223), celebre coautore dei due maestosi Dei guardiani (Nyō) nel Tōdaiji di Nara. Tornato tra i miei libri ho potuto verificare che l’impianto generale della Kannon di Tankei e quello della statuetta del Piva sono senz’altro assimilabili: tuttavia, è giusto datare la più piccola statuetta ad un periodo successivo. Ci piace in quest’occasione ricordare che appena qualche mese fa, nel marzo del 2008, una statuetta attribuita a Unkei (h. cm. 66) è stata venduta a New York presso Christie’s per l’iperbolica cifra di 14,3 milioni di dollari, record assoluto per un oggetto d’arte estremo-orientale.

La visita per Milano ci ha condotto in seguito nella centralissima Via Manzoni. In uno stesso negozio si potevano visitare due mostre. Al piano superiore i tessuti orientali di Illulian, raccolti nella mostra Fili intrecciati. Poesia e magia tra lana e seta. Al piano inferiore i paraventi giapponesi di Helena Markus Antique Japanese Screens, presenti per l’occasione in un’esposizione intitolata Natura e poesia. Affinità elettive in una collezione di paraventi. Le opere della Markus sono tante, alcune anche di ottima qualità, tutte per lo più databili ai periodi Edo (1615-1868) e Meiji (1868-1912): le va anche dato il merito di aver scelto una specializzazione, quella dei paraventi per l’appunto, non certo facile, che presuppone una particolare sensibilità da parte sia di chi propone la vendita sia di chi se ne sarà probabile acquirente.

Katie Jones, Hafu Matsumoto (nato 1952), Vaso in bambù

In ultimo, il percorso ci ha portato nei pressi di Brera, in Via San Simpliciano dove, presso la nobile Galleria Gracis, si poteva apprezzare un riuscito confronto tra le arti tradizionali giapponesi e le evoluzioni degli artisti contemporanei di quel paese. Negli stessi ambienti si alternavano infatti le opere di arte antica selezionate da Greg Baker a quelle di arte contemporanea scelte da Katie Jones, entrambi antiquari di Londra in momentanea trasferta milanese. Le mostre organizzate dai due mercanti si intitolavano rispettivamente L’impero dei sensi. L’anima immortale del Giappone antico e Contemporaneomillennio. L’antica bellezza del Giappone moderno: due titoli che mettono in evidenza una delle principali caratteristiche dell’arte giapponese di tutti i tempi, dalle origini ai giorni nostri, ovvero la volontà di preservare alcuni aspetti peculiari, dalla scelta dei materiali alle speciali affinità con la Natura.

In conclusione, Milano ancora una volta si dimostra città aperta e ricettiva a manifestazioni originali ma di grande fascino, qual è stata sicuramente Passione Giappone. L’augurio che faccio a questi intraprendenti antiquari è che i frequentatori delle loro gallerie non si siano limitati solo ad apprezzare le opere d’arte nipponiche, ma abbiano preso in considerazione l’idea di arricchire i propri spazi vitali con un manufatto, antico o contemporaneo, di arte giapponese.