Ha dipinto di tutto, Pan Yuliang.
Nature morte, animali, paesaggi.
E utilizzando diverse tecniche, dall’inchiostro su carta della tradizione cinese, ai colori a olio su tela di ispirazione europea, dalla sanguigna all’acquerello, compiendo pure alcune audaci incursioni nell’ambito della scultura.
Tuttavia, Pan Yuliang soprattutto ha dipinto la figura umana.
Donne, in particolare, per lo più svestite.
Corpi, corpi nudi, veri, incombenti.
Non importa che ne delineasse i tratti essenziali con l’inchiostro o che ne volesse scoprire la solidità delle carni con i grumi dell’olio.
Ella ha esposto le sue donne senza che trapelasse vergogna, da quei corpi assestati sulla superficie bidimensionale come fossero icone di una femminilità garbata e mai sopra le righe.
Figure sode, fiere, sensuali ma mai civettuole, il riflesso di una eleganza tutta cinese che finalmente può apparire in tutta la sua anatomica grandezza in una pittura rinnovata, moderna, in tutto internazionale grazie a Matisse e a Cézanne da una parte e all’aria nuova che tirava a Shanghai negli anni Venti del Novecento.
Nata nel 1895 con il nome di Zhang Shixin (Yuliang è un nome di cortesia) a Yangzhou (provincia dello Jiangsu), dopo aver perso entrambi i genitori, a quattordici anni fu venduta dallo zio al quale era stata affidata a un bordello di Wuhu, cittadina nella provincia dello Anhui.
In suo soccorso venne però Pan Zanhua, un ricco ufficiale che ne fece la sua seconda moglie, liberandola così dalla prostituzione.
I due si trasferirono a Shanghai, sicuramente la città più cosmopolita e culturalmente vivace della Cina repubblicana.
Pan Yuliang si iscrise nel 1920 alla Shanghai Art School, frequentando tra gli altri i corsi di Hong Ye.
Dopo il diploma, nel 1925, spronata sempre da Pan Zanhua, si recò in Francia, dapprima a Lione e quindi a Parigi, per iscriversi alla École National Supérieure des Beaux-Arts. La città ospitava allora alcuni tra quelli diventeranno gli artisti più influenti della pittura cinese del Novecento, tra cui Xu Beihong, Lin Fengmian e Sanyu.
Nel 1925 vinse una borsa di studio per l’Accademia di Belle Arti di Roma, prima artista asiatica a frequentarla, partecipando l’anno successivo all’esposizione annuale degli allievi e ricevendo una medaglia d’oro.
Nonostante questo iniziale successo in Europa, nel 1928 Pan Yuliang decise di tornare a Shanghai per insegnare presso la scuola dove ella stessa si era formata, su invito di Liu Haisu che allora ne era il direttore.
Gli anni che seguirono furono caratterizzati da un lavoro febbrile, tra lezioni e creatività. Tra il 1929 e il 1936 organizzò ben cinque personali. Le sue opere da una parte ottennero un meritato successo per il loro approccio moderno alla pittura, d’altra parte scatenarono non pochi attacchi da parte dei critici di regime, così duri che una sua opera sarà pubblicamente bruciata nel 1935.
Quello che più di tutto scandalizzò i benpensanti di allora fu senza dubbio in prima istanza il soggetto del nudo femminile, ma la grettezza di quei personaggi non lesinava nemmanco di attaccare il passato di quella giovane donna, costretta certo non per volere suo a vivere in un bordello durante l’adolescenza.
Soprattutto questa prima parte della vita di Pan Yuliang, la sua tenacia e dunque il suo riscatto, ha ispirato versioni cinematografiche e libri di successo, realizzati sia in Cina sia negli Stati Uniti.
Pan Yulang decise allora che era tempo di lasciare il suo paese, e questa volta per sempre. Nel 1937 si trasferì a Parigi dove avrebbe vissuto fino all’ultimo dei suoi giorni.
Morì nel 1977 e le sue spoglie furono sepolte nel cimitero di Montparnasse, la zona di Parigi che all’epoca del suo primo soggiorno in Francia negli anni Venti era stata la più vivace dal punto di vista artistico e culturale, frequentata da personaggi quali Chagall, Picasso, Brancusi e Modigliani, solo per citarne alcuni.
Durante i quarant’anni finali della sua vita a Parigi, Pan Yuliang continuò a dipingere con costanza, partecipando a mostre in Europa, Stati Uniti e Giappone. I suoi lavori, soprattutto le sue figure femminili mature, prevalentemente autoritratti, ottennero sempre un grande successo di critica. Tuttavia, ella visse costantemente in condizioni di indigenza, poiché non volle mai assoggettarsi alle regole spesso ambigue del mercato dell’arte. Inoltre, preferì per tutta la sua vita mantenere la sua cittadinanza cinese, finendo per essere considerata in Francia come una straniera, rappresentante di talento di quella folta comunità di artisti che contribuirono, sebbene a distanza, a rinnovare il linguaggio pittorico cinese.
Nel 1985, a pochi anni dalla sua morte, un nucleo consistente delle sue opere fece ritorno in Cina, ed è oggi conservato tra il National Art Museum di Shanghai e l’Anhui Museum di Hefei. Altre sue opere rimasero invece in Francia, per lo più conservate nel Museo Cernuschi di Parigi.
Pan Yuliang è ora unanimemente considerata in Cina la pittrice più ispirata e influente del Novecento, e le sue opere attirano l’ammirazione di un folto pubblico di estimatori.
Sono pochissimi i suoi dipinti ancora in collezioni private, venduti a prezzi notevoli ogni qual volta ne venga proposto uno, solitamente esitato a Hong Kong da Sotheby’s o Christie’s.