Il Nepal è uno stato situato nella zona settentrionale del subcontinente indiano. Una striscia di terra prevalentemente montuosa che comprende a sud le pianure gangetiche e a nord i colossi dell’Himalaya. Un territorio piuttosto piccolo se confrontato con i due giganti tra cui si trova, il Tibet e l’India.
Nonostante ciò, il Nepal ha prodotto una cultura artistica tra le più affascinanti dell’Asia, notevole per la raffinatezza tecnica e la varietà iconografica di manufatti che – prima di tutto – riflettono una straordinaria sensibilità religiosa.
A essere precisi, l’area in cui si sono storicamente concentrate le attività artistiche in Nepal è ben più circoscritta, riducendosi a quelle poche centinaia di chilometri quadrati che costituiscono la Valle di Kathmandu, la regione che ospita l’attuale capitale del paese e le città di Bhaktpur e Patan.
L’inizio della storia nepalese si fa risalire alla metà del IV secolo circa, allorché alcune tribù dei Licchavi provenienti dall’India nord-orientale si stabilirono nei territori dell’odierno Nepal, dominandolo fino IX secolo. Tra le molte novità che essi introdussero, l’Induismo e il Buddhismo avrebbero condizionato in maniera molto profonda i successivi sviluppi della cultura nepalese.
Alla fine del dominio Licchavi seguì una fase di circa tre secoli (denominata ‘di Transizione’) nel corso della quale non vi fu una sola dinastia al governo del paese, sebbene i Thakuri avessero un certo rilievo rispetto alle altre etnie. Dal 1200 circa, e fino al 1769, i sovrani che governarono il Nepal usarono tutti come suffisso al proprio nome il termine malla, che significa “guerriero”, ed è per questo che tale periodo di circa sei secoli è noto come Malla. Fu un’epoca di sostanziale prosperità, in particolare tra la fine del XIV e il XV secolo, quando regnarono Sthitimalla (regno 1382-1395) e Yakshamala (regno 1482-1482) che riunificarono il paese, finché – nel Settecento – le continue dispute tra le città-stato di Kathmandu, Patan e Bhaktapur non favorirono l’ascesa della dinastia Shah, l’ultima in ordine di tempo a dominare sul paese.
Grandissima parte dell’arte nepalese è in relazione con l’Induismo e con il Buddhismo: le due religioni di origine indiana hanno ispirato la realizzazione di templi, sculture, dipinti e manoscritti. Tuttavia, nonostante sia innegabile l’influenza prima dell’India e poi del Tibet, l’arte nepalese si caratterizza per una decisa originalità, tanto che in alcuni momenti della storia ha avuto essa la forza di influenzare certi aspetti dell’arte dei paesi vicini, e anche della Cina.
Tra le specialità che rappresentano l’arte del Nepal, la scultura occupa senz’altro un posto di rilievo. Gli artisti che realizzavano le statue e i rilievi – in pietra, legno, terracotta e metallo – avevano prima di tutto il compito di costruire icone che fossero immediatamente comprensibili dai committenti, ed è per questo che gli autori dovevano avere una profonda conoscenza delle sacre scritture nelle quali erano presenti descrizioni delle divinità. Il loro compito non era quello di mettere in mostra le proprie abilità, ed infatti rarissime sono le sculture su cui compare la firma dell’autore, ma quello di connettersi spiritualmente con gli dei affinché fossero questi ultimi a guidare la realizzazione dell’icona.
Le sculture in metallo più antiche, di epoca Licchavi, già appaiono perfettamente compiute nel connubio di tecniche di lavorazione del metallo (fusione a cera persa o repoussé) e afflato religioso. L’influenza della statuaria indiana Gupta (320-600), così come si espresse in centri artistici quali Sarnath e Mathura, viene col tempo superata con l’introduzione di dettagli stilistici autoctoni quali un accentuato allungamento dei corpi e la predilezione per pose naturali ed eleganti. Inoltre, fin dai suoi esordi, la scultura nepalese rivela quella straordinaria patina rossiccia – sua inconfondibile caratteristica – che scaturisce dalla particolare miscela di metalli e dall’azione del tempo sulla lega di rame.
Lo slancio fisico è ancor più marcato nelle sculture del Periodo di Transizione. Nonostante dal punto di vista stilistico le opere di quest’epoca siano un’evoluzione dei canoni Licchavi, pare quasi che gli artisti si siano concentrati maggiormente sulla definizione lineare dei corpi delle divinità, a dispetto anche dell’aspetto volumetrico, come sarebbe più consono per un oggetto tridimensionale qual è la scultura. E’ probabile che questa scelta sia il risultato dell’intensificarsi in quei secoli della diffusione di culti tantrici, sia induisti sia buddhisti, nei quali assume particolare importanza la corporeità. La sinuosità delle movenze delle sculture di quest’epoca esprime un’intensità che lambisce l’erotismo, così come lo si intende nella modernità.
Il Tantrismo porta con sé un notevole ampliamento dei già ricchi pantheon induista e buddhista. La scultura della prima parte del periodo Malla riflette in pieno questa varietà, con l’introduzione di icone di divinità dall’aspetto a volte terrifico, nonostante in realtà esse proteggano la dottrina dalle incursioni delle influenze maligne. A questa evoluzione contribuì notevolmente l’apertura verso il Tibet, paese in cui i culti esoterici sono alla base della religiosità tradizionale. Gli artisti di epoca Malla erano tenuti in alta considerazione nel Paese delle Nevi, la definizione ideata dal celebre orientalista italiano Giuseppe Tucci per identificare il Tibet, e non pochi di loro realizzarono opere per committenti tibetani. Il contatto con quella cultura secolare e per certi versi misteriosa ebbe come riflesso nella statuaria un sempre più diffuso utilizzo di incrostazioni di pietre semipreziose, come il turchese, l’agata e la corniola. Nel complesso, tuttavia, dal punto di vista stilistico, anche le opere Malla proseguono nel solco già tracciato nei secoli precedenti, nonostante ad un’attenta osservazione si percepisca un cambiamento, soprattutto nella resa dei tratti dei volti che tendono ad assumere fisionomie quasi centro-asiatiche, con l’arrotondamento del viso, l’assottigliamento del taglio degli occhi e l’affinamento del naso.
La scultura in metallo nepalese di ambito induista e buddhista è una di quelle rare forma d’arte in cui sentimento religioso e ispirazione si fondono in un connubio di straordinaria efficacia. Possiamo solo immaginare quale effetto potessero avere sul fedele al tempo della loro realizzazione queste icone, ma siamo convinti che oltre a facilitare la comunione col divino soddisfacessero anche quel desiderio di bellezza che da sempre accompagna l’esistenza umana.