E’ alle fasi conclusive l’ormai classica Asia Week che anima da qualche anno New York nella seconda metà di settembre.
Decine di eventi, soprattutto commerciali, nel corso dei quali si possono ammirare numerosi capolavori delle molte culture antiche e contemporanee della grande Asia.
Tra tutti, mi ha particolarmente colpito la vendita organizzata organizzata da Christie’s e andata in scena il 21 settembre.
Solo ventisette lotti sceltissimi, appartenuti alla collezione di Mineo Hata.
Nato nel 1949 nella prefettura di Shimane, nei pressi del tempio shintoista di Izumo, uno dei centri religiosi più antichi e importanti del Giappone, e dunque fin dall’adolescenza a stretto contatto con la bellezza e la cultura del suo paese, Mineo comincia a interessarsi di belle arti dopo il suo trasferimento a Tokyo, stimolato anche dalla conoscenza dell’estetica propugnata da Yanagi Sōetsu (1889-1961), il teorico del Mingei, quel movimento che promuoveva un’arte semplice ma raffinata, rustica ed elegante, connessa profondamente con le radici della giapponesità.
Questo approccio avrebbe per sempre accompagnato il rapporto tra Mineo e le arti dell’Asia più lontana, fin da quando mosse i primi passi nel mondo dell’antiquariato, divenendo nel volgere di pochi anni uno tra i più accreditati mercanti dell’arcipelago, ben noto anche all’estero.
Gli oggetti offerti da Christie’s in questa occasione costituiscono una parte della sua straordinaria collezione privata di arte cinese.
Una raccolta che riflette chiaramente il suo approccio ‘mingei‘, per la presenza prevalente di manufatti caratterizzati da sobrietà e finezza, spettacolari per la perfezione tecnica con cui sono stati realizzati.
Bronzi arcaici e ceramiche prevalentemente di epoca Song (960-1279), ai quali si aggiungono solo pochi oggetti di epoche Ming e Qing, tuttavia anch’essi privi di quella ridondanza che spesso caratterizza la produzione di questi periodi.
Il pezzo più ambito di questa selezione è stato sicuramente il vaso al lotto 872. Stimato 700.000-1.000.000 $, è stato infine aggiudicato a 1.381.000 $.
Si tratta di un vaso di tipo kinuta (termine giapponese che identifica la sua forma a mazzuolo), realizzato nelle fornaci di Longquan durante la dinastia dei Song Meridionali (1127-1279). Rivestito di un’untuosa e brillante invetriatura céladon, presenta sul collo due prese modellate a tutto tondo come ‘pesce-drago’ (yulong o feiyu), una creatura mitologica che inizia a comparire nella letteratura cinese da tempi arcaici. Proprio la presenza di questi particolari manici costituisce uno dei motivi della rarità di questo vaso. Nella maggior parte degli altri esemplari noti di questa tipologica, le anse sono infatti modellate come uccelli, non sempre ben dettagliati come sono invece i ‘pesci-drago’ del vaso Mineo.
Inoltre, quest’ultimo è alto ben 35 centimetri, misura che è piuttosto eccezionale per questa forma.
Esemplari di ceramica di Longquan di questo genere cominciano ad arrivare in Giappone già nel XIII secolo, nel periodo Kamakura (1185-1333), durante il quale il governo militare allora al potere riprende intense relazioni diplomatiche e commerciali con la Cina dopo una pausa di diversi secoli. I manufatti cinesi (karamono) erano molto ambiti, utilizzati nei più importanti rituali militari e religiosi.
Anche il lotto 853 aveva tra i suoi molti pregi le dimensioni piuttosto importanti per il suo genere. Si tratta di un vaso in bronzo di tipo jue alto ben 26,7 centimetri, ornato di motivi geometrici e maschere taotie, tipici della produzione di manufatti destinati ai rituali funerari di epoca Shang (XVI-XI secolo a.C.). Il vaso è sostenuto da una elegante base in legno intagliata esplicitamente a questo scopo, abbellita nel centro del lato superiore da un disco in giada e sul lato inferiore da un sigillo circolare nel quale è vergata l’iscrizione Huaimi Shanfang. Quest’ultimo è il nome della raccolta messa insieme da Cao Zaikui (1782-1852), celebre collezionista di bronzi arcaici, autore del catalogo dei suoi pezzi pubblicato nel 1839, nel quale compare esplicitamente anche il jue offerto da Christie’s qualche giorno fa. Prima di entrare nella collezione privata di Mineo Hata, l’ambito vaso ha rallegrato le giornate di altri avveduti appassionati di arte cinese, per entrare in questo scorcio di 2023 nelle disponibilità di un anonimo acquirente che ha dovuto sborsare la notevole cifra di 529.000 $ per entrarne in possesso, in pratica il doppio della stima (200.000-300.000 $).
Tra gli altri pezzi, voglio qui segnalare la ciotola al lotto 861. Un esemplare perfettamente conservato di ceramica di tipo Cizhou con invetriatura nero-marrone punteggiata di una miriade di minuscole sferette argentee. Questa tipologia di decorazione è nota ‘macchia d’olio’ (oil spot), poiché l’effetto ricorda propria le particelle di olio che galleggiano per leggerezza sulla superficie di altri liquidi più pesanti. Ciotole da tè di questo tipo furono realizzate per la prima volta nelle fornaci Jian nella provincia meridionale del Fujian durante i Song Meridionali, ma l’associazione con l’invetriatura nera era già praticata secoli prima. Questo esemplare rivela l’influenza della produzione Jian, ma è è opera di ceramisti attivi nel nord del paese durante la dinastia Jin (1115-1234).
Stimata 20.000-30.000 $, è stata infine aggiudicata a ‘soli’ 20.160 $.
Ha un gusto simile anche la superba ciotola al lotto 870, rivestita di un’invetriatura dai toni variegati che oscillano tra il beige e il marrone con straordinarie screziature di turchese. Esemplare di produzione Jizhou, mostra all’interno una evocativa decorazione di due fenici in volo tra due boccioli di pruno, realizzata con la tecnica della riserva, applicando cioè in cottura dei ritagli di carta modellati nel disegno voluto, così da creare il decoro a riserva.
La scatola usata per conservare questa ciotola riporta un’iscrizione di Kobori Sokei (1923-), esimio Maestro della scuola di Cerimonia del Té Enshu, nella quale confronta questo esemplare con un’altra celebre ciotola, chiamata Onaga-dori e conosciuta fin dal XVII secolo. Lo stesso autore dichiara pure che l’iscrizione a oro che compare su un’altra delle scatole in dotazione di questa ciotola, sarebbe di mano autografa di Kobori Enshu (1579-1647), uno tra i più acclamati esteti e artisti del Giappone antico, tra i più amati Maestri della Cerimonia del Té.
Un’attribuzione che certo deve aver influito sulla valutazione di questa straordinaria ciotola (70.000-90.000 $), e pure sul prezzo finale con cui è stata aggiudicata (138.600 $).