E’ ormai trascorso più di un anno da quel fatidico 28 ottobre 2014, eppure se ne continua ancora a discutere. D’altronde, l’evento è stato talmente straordinario che difficilmente sarà dimenticato, soprattutto tra gli addetti ai lavori.
Mi riferisco ovviamente alla cifra iperbolica di 7.445.000 di euro (diritti inclusi) con cui quel giorno fu venduto presso Pandolfini l’ormai famosissimo Vaso Cinese Giallo, ovvero quella porcellana che col suo passaggio in asta ha polverizzato tutti i record per una vendita di arte orientale in Italia.
Quella aggiudicazione ha scatenato un vivace dibattito, non solo per l’enorme quantità di denaro che ha movimentato. In molti infatti si sono chiesti se l’esperto di arte orientale di Pandolfini abbia commesso un errore grossolano nello stimare quel vaso così prezioso la modesta cifra di 15.000 euro…
“E’ se fosse stato acquistato alla base d’asta?” così commentava qualcuno che interveniva nel dibattito; “Era un capolavoro! Una specie di Sistina in porcellana, come hanno fatto a non accorgesene!”, qualcun’altro continuava a pontificare (o forse era la stessa persona?, non ricordo…); “Ho pianto quando l’ho visto!, un’emozione almeno pari a quella che Stendhal provò visitando la Basilica di Santa Croce a Firenze” (sempre e ancora Firenze, Giotto o porcellana cinese, è una città magica per davvero!). E’ così via, tra critiche ed esasperazioni, il tutto condito da un pizzico di invidia e da una buona dose di malissimo celata boria, caratteristica in verità di un certo tipo nostrano di antiquario-esperto-conoscitore-bottegaio.
In tanti hanno chiesto anche a me un’opinione su quella vendita, e le domande erano ancora le solite. Ovvero: 1) “Ma l’esperto ha sbagliato a dare quella stima così bassa?”; 2) “Ma quel vaso valeva davvero così tanto?” [in realtà le domande erano tre; l’altra precedeva quelle più sopra trascritte, e recitava più o meno così: “Ho letto di quel vaso, ma l’hai venduto tu?”. A una metà di chi me l’ha chiesto ho risposto dicendo la verità, ovvero no, sic!; all’altra metà ho invece mentito, dicendo si, solo per vedere con quale espressione avrebbero reagito, così, solo per giocare!]
Il mio modesto parere è che l’esperto di Pandolfini non abbia affatto sbagliato a fare quella stima. Ha avuto ragione semplicemente perché il vaso è stato poi venduto a quella cifra memorabile. Magari se l’avesse stimato ad 1 milione di euro sarebbe andato invenduto. E poi, chi l’ha detto che è stato un errore? E se l’avesse fatto di proposito? La verità – incontrovertibile – è che così ha stimolato la competizione tra gli aspiranti acquirenti e, si sa, ai cinesi piace la tenzone, la contesa al rialzo, l’idea non solo di poter possedere un oggetto ma anche di acquisirlo vincendo la gara del Bid, non importa poi a quale costo.
Anche sulla seconda domanda, che è in realtà conseguenza della prima, ovvero se il Vaso Cinese Giallo, valesse (e valga) davvero la spaventosa cifra di oltre 7 milioni di euro, ho una mia modesta opinione.
Quello che penso è che obbiettivamente non valga tutto quel denaro. L’oggetto è in effetti incontestabilmente bello, prezioso, piuttosto raro se non unico (soprattutto considerando le sue notevoli dimensioni, ben 75 cm.), e molto, molto probabilmente appartenne all’imperatore Qianlong (il mecenate più raffinato nell’intera storia dell’arte cinese), come recita il marchio apposto in bella grafia sulla sua base. Tanto è palesemente bello che già nel 1929 – quando fu battuto all’asta dalla Galleria Scopinich di Milano – fu pagato ben 3.000 lire, una cifra molto alta per i tempi. Prima era appartenuto ad Alberto Pasini (1826-1899), famoso pittore orientalista che lo acquisì in uno dei numerosi viaggi in Asia Minore che fece in cerca di ispirazione per la sua pittura.
Tuttavia, ritengo che il prezzo di 7 milioni pagato oltre ottant’anni dopo non corrisponda al suo intrinseco valore. Si tratta pur sempre di un oggetto creato in una fornace nella quale si producevano milioni di porcellane, una parte delle quali – certo più raffinata, ma pur sempre realizzata con procedimenti seriali – era destinata alla corte imperiale. Come si può paragonarlo ad un dipinto di Caravaggio? D’altronde, si possono mettere a confronto un “Taglio” di Fontana con un esemplare delle “Ninfee” di Monet? O forse si può? Troppo difficile la risposta, e troppo pericoloso inoltrarsi in questo genere di discussione…
Sia ben chiaro, io sono assolutamente convinto che un’opera d’arte importante debba avere anche un certo valore economico, così come sono certo che alcune creazioni dell’ingegno umano – a qualsiasi latitudine siano state create – siano pressoché inestimabili. Tuttavia, come un po’ tutto sulla faccia di questa terra, anche gli oggetti d’arte hanno e debbono avere un prezzo. Un prezzo che in certi casi non può fare in completa autonomia né un esperto né un conoscitore, né un mercante né una casa d’aste. Il valore di un oggetto è quindi spesso solo il risultato dell’andamento del mercato, così credo, e questo vale in particolar modo per l’arte cinese. Per dire, lo stesso Vaso Cinese Giallo solo vent’anni fa sarebbe costato molto, ma molto meno rispetto all’ottobre del 2014. Oggi vale tanto proprio perché il numero di persone disposte ad acquisirlo senza badare al suo costo – il mercato, per l’appunto – si è moltiplicato esponenzialmente. In Cina, dove il numero dei multimilionari è esattamente proporzionale al numero dei suoi abitanti, è perciò possibile che un vaso possa arrivare a costare non solo 7 milioni ma anche molto di più!
Tutto ciò ha ovviamente delle conseguenze. Se fino a qualche tempo fa il problema era l’invasione incontrollata dei falsi, oggi il dramma è sempre più l’innalzamento incontrollato dei prezzi. Grazie alla rapidità con cui le notizie riescono a diffondersi, tutti possiamo venire a sapere che un vaso cinese può essere venduto a quelle cifre. Chiunque possieda un vaso cinese penserà che proprio il suo possa essere quello milionario, anche se è in realtà un portaombrelli del 1960, e per questo sarà disposto a venderlo solo ad una stima secondo lui adeguata. Penserà anche che l’esperto che lo valuti più cautamente per averne riconosciuto la datazione, magari in accordo con le reali tendenze del mercato, non abbia capito nulla del suo tesoro, e che anzi voglia gabbarlo impunemente per farne chissà cosa. Così, approfittando della velocità e semplicità con cui si può inviare una email (spesso la stessa non intestata per tutti i destinatari, e spesso – ahi noi! – la stessa inviata a più destinari contemporaneamente), il proprietario darà il via all’”asta delle aste”. E’ facile intuire cosa comporti tutto ciò: gran parte degli esperti alzeranno anche a sproposito le stime pur di avere un certo numero di oggetti autentici in catalogo, finchè queste finiranno per non essere più appetibili per gli stessi potenziali acquirenti.
A meno che, ovviamente, non si tratti di un altro Vaso Cinese Giallo, allora sì che tutto potrebbe cambiare.
D’altronde, chi volete non possegga nella propria casina sui Navigli o nei dintorni di Fiesole una porcellana appartenuta all’imperatore Qianlong? Di certo, non ne avevano idea i proprietari italiani del Vaso Cinese Giallo che, dalla prospettiva paventatagli di venderlo a poche migliaia d’euro si sono ritrovati d’un colpo ad essere milionari. Potere della Cina!
P.S.
Il famoso Vaso Cinese Giallo è stato rivenduto (7 aprile 2015) da Sotheby’s Hong Kong a circa 6.000.000 euro (diritti d’asta compresi), ovvero circa 2 milioni in meno rispetto all’aggiudicazione a Firenze. Che dire… Prima di tutto, il vaso è evidentemente di epoca Qianlong, e quindi conviene sbagliare attribuzione (dicesi: rimanere cauti) e stima, si guadagna di più. Secondo, che l’ha acquistato presso Pandolfini pensava di rivenderlo in patria ad una cifra ancora più alta (quanto???), ma ha evidentemente sbagliato i suoi calcoli: come poteva infatti pensare che dalle sue parti non fossero venuti a conoscenza della precedente aggiudicazione, seppure non citata nel catalogo Sotheby’s? Terzo, quando nelle case europee e statunitensi si saranno esauriti tutti i Vasi Cinesi Gialli a quali oggetti d’arte punteranno i ricchissimi acquirenti cinesi?
Questa è la sfida vera. Chi per primo ne intuirà la risposta avrà la forza di tenere vivo un mercato che per ora sicuramente non sembra avere cedimenti di sorta.
Grazie, Francesco. Il tuo testo sul “Vaso Giallo Cinese” è davvero interessante, utile e istruttivo. A buon intenditor, sagge parole. Proprio su un caso analogo ho scritto alcune righe, di infimo livello rispetto alle tue, che mi permetto comunque qui di proporti :
http://www.francobellino.com/?p=2483#more-2483
Hufu 虎符; Tiger Tally; a volte Fujie 符节.
La tigre ha fatto un balzo.
Un hufu realizza in asta a Parigi un prezzo straordinario. L’importanza della provenienza nella valorizzazione di un oggetto. Il valore non vale più, oggi è il prezzo che detta il valore. Malinconiche considerazioni sul godimento di un’opera d’arte : il caveau bancario sostituisce lo studiolo dell’esteta raffinato d’antan. Uno splendido hufu proposto sottocosto, ma invano. Forse.
FRANCESCO A ME RISULTA CHE QUELLA VENDITA DEL VASO GIALLO SIA UN AUTENTICO BLUFF , MA SUL SERIO , QUI LO DICO E QUI LO NEGO…..NON MI RIGUARDA MA NON FACCIAMOCI PRENDERE PER IL ……( FRA I PIU’ GROSSI ESPERTI DI CINA IN AMERICA ,GIRA VOCE SIA BUONO SI , MA TARDO)
RESTA UN BEL VASO , MA A QUELLA CIFRA E’ UNA PRESA IN GIRO PER POLLI E CREDO TU SAPPIA , NONOSTANTE TUO ARTICOLO……..