Riflessione.
Di tanto in tanto, scrivendo per questo sito, senza poter sperimentare il piacere della carta stampata al quale non riesco in ogni caso a rinunciare, mi chiedo: “Perché lo faccio? Tutte le parole e le idee che compongo a cosa serviranno? Chi le leggerà? Qualcuno, chissà, le leggerà? Oppure scrivo per nessuno? A qualcuno interessano le mie opinioni sull’arte cinese e giapponese? Qualcuno leggerà tra le righe la mia passione incodizionata in generale per la vita e le sue contraddizioni?”.
Titubante per un istante infinito, risolvo solitamente l’enigma abbastanza semplicemente: “Scrivo su questo mio sito, scrivo sempre prima di tutto per dare soddisfazione ad una mia esigenza, ovvero esprimermi, cavalcare la mia voglia di espressione, comunicare, giocare con le parole, liberare la mia iniziativa, dare un frutto ai miei studi e, soprattutto, alle mie giornate di ricerca! Questo è, prima di tutto, il mio diario professionale!”.
Beh, non proprio di un diario si tratta… Altrimenti avrei dovuto annotare la mia giornata a Milano di giovedì scorso 18 febbraio, allorché mi mossi per far visita all’altisonante “Milano Asian Art” che lì si tiene nella seconda metà del mese di febbraio. Eppure, in questo mio diario non voglio deliberatamente lasciare traccia di quella giornata e di quella visita, se non con questo appunto, poiché la critica è un diritto ma criticare senza una proposta alternativa non ha senso, quasi mai. Avrei delle idee, delle opinioni, delle proposte, ne ho parlato con alcuni dei promotori di quell’evento. Niente di rivoluzionario, che non ho l’animo di fare rivoluzioni, per carità! Partecipazione, divulgazione, schede, incontri, conferenze, scambio di idee, diverso approccio all’argomento, professionalità, curriculum, conoscenze… Per uscire dalla “provincialità”, a volte, potrebbe bastare anche solo imitare gli altri, quelli che provinciali non sono, per imparare, tentare, percorrere strade alternative, per evitare quella ‘funebre lamentazione’ che nulla di positivo produce. E comunque, ai gentilissimi amici di Milano, ad maiora, sempre, sinceramente!
Comunicazione.
Dalle mie parti, al di là degli oceani, si dice: “Ma, io e te abbiamo mai mangiato insieme?”. Nel senso di: “Abbiamo mai condiviso qualcosa di così importante come un pasto?”. Se sì, allora vuol dire che già abbiamo molto da spartire. Io e Daniele Soldi ci conosciamo già da molti anni. Abbiamo più volte pranzato e cenato insieme, cordialmente. Una persona acuta, volenterosa, instancabile, propositiva, del tipo che “una ne pensa e cento ne fa”. Ogni volta che gli telefoni è sempre in viaggio, per fare qualcosa, per produrre. In simbiosi con l’automobile, è ormai leggenda il suo viaggio da Firenze a Stoccarda per assistere ad un’asta: da solo, ore ed ore di guida per arrivare, restare in terra di Germania per poche ore, mettere a punto l’affare e ritornare alla base Toscana, così, nel giro di una giornata; quindi, il giorno successivo, ripartire per un’altra meta, sempre in macchina. E soprattutto, sempre col sorriso, con quella gentilezza e quel garbo che sono propri di questo infaticabile ‘saltimbanco’ dell’antiquariato e dell’arte. Io e Daniele Soldi forse siamo amici, o almeno conoscenti eccezionali. Ammiro quest’uomo perché a lui, ne sono convinto, si dovrà dare atto di una certa divulgazione dell’arte orientale in Italia nei primi anni del Duemila. Egli ama l’arte, e ama la cultura. Egli è un mercante, un uomo di vendite e di profitti, eppure mai tralascia un aspetto importante dell’arte, ovvero che quest’ultima, prima e sopra di tutto è cultura, conoscenza, scambio di opinioni. Con queste premesse, anche gli affari ne beneficeranno. Perchè l’arte, tutta l’arte, è come un fiore reciso: se non si curasse appassirebbe in mezz’ora, se si sistemasse a dovere grazie al suo sacrificio potrebbe nascere una composizione sublime, immortale nonostante tutto.
Daniele Soldi è il responsabile e l’esperto della San Giorgio Casa d’Aste di Genova per l’Arte Orientale. Così, senza vergogna, poiché questo mio non è ‘elogio del capo’ ma sincero apprezzamento, comunico ai “nessuno” che mi leggono che il suddetto Daniele Soldi ha voluto che scrivessi alcune righe sull’arte cinese nel catalogo dell’asta che si terrà in terra di Liguria il prossimo 13 marzo. L’ho fatto davvero volentieri poiché è una di quelle cose che sempre mi sarebbe piaciuto fare; perché, senza che lo chiedessi, anche a Daniele è sembrato che un catalogo d’asta potesse comunicare qualcosa in ambito culturale; perché scrivere su questo sito, con tutto l’entusiasmo che vi ho trasfuso, ha permesso per lo meno che le strade mia e di Daniele si reincrociassero. “Ma cos’era successo tra voi?” vi chiederete. Cavoli miei, vi rispondo.
Precisazioni.
Per il catalogo della vendita di arte orientale della San Giorgio Casa d’Aste che si terrà il prossimo 13 marzo a Genova ho scritto una serie di testi. Si tratta si introduzioni a tipologie di manufatti, prevalentemente cinesi, che saranno presentati in quell’occasione. Come specificato dallo stesso Daniele Soldi nella presentazione della versione cartacea di quel catalogo, non posso assumermi alcuna reponsabilità sulle datazioni e sulle attribuzioni delle opere di quel catalogo, poiché non ho partecipato a quella fase del lavoro. Il mio compito, per questa volta, si è limitato ad illustrare alcuni tratti, peraltro molto generici, dell’arte cinese, tra quelli che servivano a dare sostanza culturale alla vendita in programma. Per questa volta non ho potuto quindi concentrare la mia attenzione sui singoli pezzi, poiché né tempo né condizioni pratiche hanno agevolato l’impresa.
Così, ora che ho avuto per lo meno la possibilità di vedere i lotti attraverso le fotografie, mi son fatto un’idea di quello di cui si sta parlando. Per questo, in questo e nei prossimi articoli che pubblicherò su questo sito, mi soffermerò su alcuni degli oggetti dell’asta della San Giorgio del 13 marzo. Non so a chi potrà giovare questa mia scelta, forse a nessuno. Tuttavia, come ho cercato di spiegare più sopra, in questo modo provo a mettere a frutto le mie riflessioni; egoisticamente ma senza danno per altri mi confronto con il passato artistico di popoli gloriosi.
Ukiyo-e.
Se dovessi dare ascolto ai più non dovrei neanche iniziare a scrivere questo paragrafo poiché, per i più, l’arte giapponese è in questo momento ai minimi della sua storia di popolarità. O meglio, come ho già scritto in altre occasioni, nel confronto con l’arte cinese e gli acquirenti cinesi, l’arte del Paese del Sol Levante non attrae più l’interesse che invece suscitava solo pochissimi anni fa. Tutto questo, naturalmente, trova giustificazione solo in un’ottica di arte quale investimento economico, non in altro. Altrimenti non si potrebbe spiegare perché opere di grandi artisti giapponesi fino a qualche anno fa quotati a decine di migliaia di euro-dollari-sterline, oggi non hanno quello stesso adeguato riscontro finanziario, a beneficio di un’arte cinese in costante crescita. Tuttavia, non sempre, e non tutti, gli appassionati di arte orientale possono condizionare i propri acquisti in base alle variabili e intelleggibili leggi del mercato. Fortunatamente, direi. Così, oggi si possono acquistare opere di arte giapponese a prezzi relativamente modesti, in previsione di un’inevitabile rivalutazione di quel mercato oggi sottovalutato per motivi contingenti. Almeno così mi verrebbe da scrivere pensando all’opportunità di portarsi a casa alcune delle opere proposte dalla San Giorgio Casa d’Aste per il prossimo 13 marzo. In quest’occasione mi concentrerò sull’Ukiyo-e, le “immagini del Mondo Fluttuante”, una passione che mi “divora” da tempo immemore ormai, a mio parere con piena giustificazione, considerando la bellezza storico-artistica dei lavori realizzati in quell’ambito e in quell’epoca.
La San Giorgio presenta per la prossima asta cinque lotti (511-515) dedicati all’Ukiyo-e, per un totale di undici stampe. Di seguito, le mie riflessioni su oguna di loro, solo però dal punto di vista storico-artistico, ricordando che insieme a quest’ultimo ha eguale importanza anche quello conservativo. Il giudizio finale su quest’ultimo aspetto deve essere responsabilità soprattutto di coloro i quali si preparano all’acquisto. Da parte mia mi limiterò ad alcune indicazioni generiche su questo dato di valutazione, confidando nell’”occhio” di ciascuno degli interessati (se questi ci fossero, ovvio…).
Lotto 511.
“Due donne lavano i panni nei pressi di un fiume”. Dimensioni: cm. 18 x 24 (senza cornice). Stima: Euro 200-300.
Una di quelle stampe per studiare le quali, se si volesse, si potrebbero impiegare settimane e mesi, senza magari alla fine avere alcun risultato utile. Firmata “Hiroshige ga“ (“Dipinta da Hiroshige”) in basso a sinistra, non si può però attribuire al grande Maestro. E’ più probabilmente opera di uno dei suoi allievi, Hiroshige II (1826-1869) oppure Hiroshige III (1843-1894). Che qualcuno mi dia la sua opinione, riguardo alla datazione e all’attribuzione. L’iscrizione in alto a destra consente di affermare che si tratti di un foglio facente parte di una serie dedicata alla “Cinquantatré Stazioni del Tōkaidō”; forse raffigura il ponte sul fiume Yahagi, il più lungo (378 m.) del Tōkaidō, nel passato la più importante via di comunicazione tra Tokyo e Kyoto, tema prediletto dallo stesso Hiroshige per alcuni dei suoi più celebrati capolavori. La stampa ha colori vivi. E’ la parte sinistra di una doppia pagina di un libro illustrato (ehon), come si evince dal taglio maldestro visibile sul lato destro della composizione.
Lotto 512.
“Donna che lava i panni nei pressi di un corso d’acqua”. Dimensioni: cm. 35 x 24 (senza cornice). Stima: Euro 200-300.
Opera di Utagawa Kunisada (1786-1865), autore della composizione principale con la figura femminile, in collaborazione con Utagawa Kunihisa (1832-1891), al quale si deve il paesaggio col Monte Fuji nel cartiglio rettangolare in alto a sinistra. Firmata “Toyokuni ga” (“Toyokuni dipinse”) nel cartiglio rettangolare (Toshidama) sulla sinistra, e “Kunihisa ga” (“Kunihisa dipinse”) nel margine inferiore sinistro del riquadro col paesaggio. In alto a destra cartiglio rettangolare con il titolo della serie: “Edo meisho hyakunin bijo” (“Luoghi celebri di Edo. Cento beltà femminili”). Nel paesaggio indicazione del luogo raffigurato: “Ochanomizu”. Nei pressi della firma di Toyokuni sono presenti due sigilli della censura (aratame), uno dei quali riporta l’indicazione della data di realizzazione della stampa, ovvero l’undicesimo mese del 1857. Sul margine inferiore, al centro, timbro dell’editore: Enshūya Hikobei. Lo stato di conservazione è in generale buono. Solo si vede una piegatura orizzontale al centro del foglio.
Lotto 513.
“Beltà femminile tra rami fioriti di pruno”. Dimensioni: cm. 36 x 25 (senza cornice). Stima: Euro 200-300.
Opera dello stesso Kunisada raffigurante una beltà femminile vestita di abito ornato di motivi floreali e geometrici, con rami di pruno fioriti alle sue spalle. L’opera è per l’appunto intitolata “Umegae”, “Rami di pruno”. Firmata “Shimoto no ōju Toyokuni ga” (“Toyokuni dipinse su richiesta dell’editore”) con sigillo circolare rosso (toshidama). Nei pressi della firma sono presenti due sigilli della censura, uno dei quali (nanushi) riferibile al censore Yoshimura Gentarō. Più in basso timbro dell’editore Kawaguchi Uhei. Può essere datata tra il 1847 e il 1853, periodo nel quale si usava apporre due sigilli di questo tipo insieme. Lo stato di conservazione è molto buono, se si escludono alcune macchie. I colori sono bellissimi.
Lotto 514-1.
“Due cormorani in uno specchio d’acqua con erbe”. Dimensioni: cm. 34 x 46 (senza cornice).
Si tratta di una delle composizioni del “Keinen kachō gafu” (“Disegni di fiori e uccelli di Keinen”), serie di quattro libri illustrati concepiti da Imao Keinen (1845-1924) e pubblicati nel 1891. In particolare si tratterebbe del foglio n. 90, come indicato dai due ideogrammi (“kyūjū”, “novanta”) posti sul margine superiore. Sul margine sinistro, tagliato malamente, si legge, in alto, “Keinen gafu” e in basso “Nishimura zōhan”, “pubblicato da Nishimura”, ovvero Nishimura Soemon di Kyoto. Si sa inoltre che l’intagliatore fu Tanaka Jirōkichi e gli stampatori Miki Jinzaburō e Tanaka Harubei. L’opera completa si compone di oltre 160 composizioni con fiori e uccelli del Giappone, suddivise in base alle stagioni: la presente doppia pagina si trova nel volume dedicato all’estate. Questa raccolta di incisioni è senz’altro il capolavoro di Keinen, il quale fu uno dei maggiori protagonisti della cosiddetta Shin Hanga, ovvero quel movimento artistico sviluppatosi in Giappone tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento che si proponeva il recupero delle tecniche e delle tematiche dell’Ukiyo-e del periodo Edo. Direi che lo stato di conservazione è ottimo, a parte il taglio non ottimale lungo i margini.
Lotto 514-2.
“Il pisolino”. Dimensioni: cm. 36 x 25 (senza cornice).
Questa è una bella stampa di formato grande (ōban) di Kitagawa Utamaro (1753 ? – 1806), uno dei più ammirati protagonisti dell’Ukiyo-e, e senz’altro uno degli artisti giapponesi più famosi al mondo. Com’è usuale nel repertorio di questo grande artista, si tratta di una composizione ingegnata in maniera perfetta: la dama sulla destra, assorta nella lettura, tiene sulle gambe il bimbo che, forse ascoltandola, ha finito per addormentarsi dolcemente, lasciando a terra il suo gioco accanto ad altri libri della mamma; la dama sulla sinistra, invece, dà saggio di calligrafia sull’esterno dei fogli che racchiudono una lanterna. Il tratto del disegno è quello più tipico di Utamaro, tra poche linee arrotondate e campiture di colore per gli abiti. Il tema, quello dell’atmosfera casalinga, è anch’esso caratteristico di questo genio della stampa policroma, sebbene egli sia in verità più conosciuto per i suoi ritratti di cortigiane dello Yoshiwara, il quartiere dei divertimenti dell’antica Edo, l’attuale Tokyo. Questo foglio fa parte della serie Fūryū ko-dakara awase (“”Eleganti paragoni di piccoli tesori”), titolo vergato nel cartiglio in alto a destra, edita nel 1802 circa dall’editore Izumiya Ichibai. Si conoscono sei stampe di questo gruppo, tutte dedicate al tema dell’amore tra madre e figlio oppure a quello tra sorella maggiore e fratello minore: questa è tradizionalmente nota come “Il pisolino”(Hirune), oppure come “La lettura del libro” (Honyomi). Lo stato di conservazione non è perfetto per i colori un po’ sbiaditi, ma in generale lo stato è buono. Una stampa prestigiosa di un gigante dell’arte giapponese.
Lotto 514-3.
“Sette donne e tre uomini”. Dimensioni: cm. 25 x 19 ognuno (senza cornice).
Un simpatico dittico di Torii Kiyonaga (1752-1815), altro importantissimo esponente dell’Ukiyo-e, la cui firma compare su entrambi i fogli. In alto, oltre al titolo della serie, compaiono anche i nomi dei personaggi raffigurati e alcune altre annotazioni. Non ho trovato nella mia biblioteca un altro esemplare di questa stampa ma, per confronto con altri fogli dello stesso Kiyonaga molto simili a questo, possono affermare che si tratta di un’opera databile intorno al 1780-1783, nella fase perciò giovanile della sua carriera. Nonostante la qualità non perfetta della conservazione, non si può non notare la sofisticatezza della tecnica con cui sono stati stampati questi due fogli, tra velature e sovrapposizioni di toni chiari su toni chiari. Tuttavia, il dato che più mi ha interessato di questa stampa è senza dubbio la sua provenienza. I due sigilli in rosso presenti nell’angolo inferiore destro di entrambi i fogli appartengono infatti ad Hayashi Tadamasa (1853-1906), straordinario conoscitore e mercante di arte giapponese, vissuto a Parigi dal 1878. Arrivato in Francia come assistente dell’antiquario Kenzaburō Wai, nel 1883 aprì un suo negozio di antiquariato giapponese che divenne in breve un punto imprescindibile per la diffusione della cultura artistica giapponese in Francia e in tutta Europa, al tempo in cui più forte che mai era l’interesse degli occidentali per quel paese asiatico. Che questo dittico abbia fatto parte della celebre collezione di Hayashi Tadamasa è senz’altro garanzia di una sua certa importanza.
Tutte le stampe del lotto 514 sono offerte con una stima di Euro 600-800.
Lotto 515-1
“Uomo, donne e bambini”. Dimensioni: cm. 36 x 25 circa.
Ancora Kiyonaga, l’autore di questa bella composizione ambientata in strada ma nei pressi di un negozio, con un uomo che attrae l’interesse di un piccolo gruppo di bambini mostrando e facendo toccare loro una matassa di tessuto, forse la sua mercanzia. Così facendo, riesce anche a far avvicinare due belle dame che forse si informeranno sulle sue merci. Sulla stampa, oltre alla firma dell’artista, non compaiono altre indicazioni che permettano di risalire alla data di realizzazione. Rispetto all’altra opera di Kiyonaga nel lotto precedente, si può però suggerire una datione posteriore, verso la metà del nono decennio del Settecento. Lo stato di conservazione non è ottimale, ma tutto risulta perfettamente leggibile. Piuttosto fastidiosa è invece la piega nel mezzo.
Lotto 515-2-4.
Ben tre delle cinque stampe di questo lotto sono di Utamaro. Tutte mostrano la straordinaria abilità grafica di questo Maestro, nonostante tutte abbiano alcune lacune conservative. Delle tre solo per una ho trovato riscontro bibliografico, ovvero quella che mostra una splendida dama con in braccio il suo bambino. Essa fa parte della serie Tōsei kōbutsu hakkei (“Otto vedute delle cose favorite di oggi”), titolo che compare nel cartiglio in alto a destra sul foglio in questione. Pubblicata nel 1801-1802 circa dall’editore Izumiya Ichibei, il cui timbro compare al di sotto della celebre firma di Utamaro, questa serie si compone di otto stampe, in ognuna delle quali compare una donna a mezzo busto con un uomo oppure un bambino. E’ senz’altro fastidiosa la piegatura in mezzo che compromette lo stato di conservazione: tuttavia, la perfezione dei lineamenti della donna, la sua straordinaria acconciatura, l’erotismo che emana il suo seno scoperto, nonostante sia offerto innocentemente al bimbo, sono tutti elementi tra quelli che hanno fatto appassionare moltissimi all’arte di questo grandissimo artista.
Lotto 515-5.
L’ultima stampa di cui scriverò è anch’essa nel lotto 515. Essa mostra una donna seduta davanti ad uno specchio intenta alla toletta. Alle sue spalle un dipinto di gusto cinese, raffigurante un saggio taoista con un attendente. Forse, il momento è più precisamente quello dell’annerimento dei denti, pratica che era considerata dalle donne del periodo Edo come indispensabile per attrarre l’interesse degli uomini. L’opera è firmata da Tamagawa Shūchō, artista non preminente nell’ambito dell’Ukiyo-e. Allievo di Ippitsusai Bunchō (?-1794 circa), nella sua opera risulta però evidente l’influsso stilistico e tematico di Utamaro, come si evince da questa stessa stampa offerta dalla San Giorgio. Non si conoscono dati biografici precisi che lo riguardino, ma si può affermare che sia stato attivo nell’ultimo decennio del Settecento e i primi anni dell’Ottocento. La bella stampa che qui si discute fa parte della serie Fūryū keshō kagami (“Specchio della toletta elegante”), titolo inserito nel cartiglio in alto a destra, del 1800. Sulla sinistra, oltre alla firma di Shūchō che simpaticamente è posizionata in modo da sembrare anche la firma del dipinto inserito nella composizione, sono presenti il sigillo della censura kiwame (“approvata”) e il timbro dell’editore, Ezakiya Kichibei. La rarità delle opere di Shūchō non è un argomento da sottovalutare nel giudicare questa stampa che, inoltre, ha una sua certa personalità artistica.
Le cinque stampe del lotto 515 insieme sono offerte a Euro 1000-1200.
Conclusioni.
Le stampe giapponesi proposte dalla San Giorgio per il 13 marzo prossimo sono a mio parere interessanti. Mi rendo conto che lo stato di conservazione di una parte di loro non sia eccelso, anche se nessuna è così mal ridotta da risultare illeggibile. Tuttavia, alcune sono opere di maestri di tal valore e notorietà che alcuni difetti conservativi possono sinceramente passare in secondo piano. Inoltre, il prezzo con il quale potrebbero ipoteticamente essere acquistate è talmente favorevole che rimarrei stupito e sconfortato se qualcuno non ne approfittasse. Non credo infatti che sia così facile acquistare opere di Utamaro, Kiyonaga o Kunisada con queste valutazioni. Nonostante le difficoltà in cui versa in questo momento il mercato dell’arte giapponese, le stampe dell’Ukiyo-e restano uno tra i più affascinanti ambiti della grafica antica che mai potrà cadere nell’oblio degli amanti dell’arte.
Prima parte: sniff…sono veramente commosso…Le tue schede sono davvero bellissime e sono fiero di averle potute introdurre nel catalogo. Grazie ancora.
Seconda parte: ma, P….. miseria, non potevi puntare l’occhio su qualche descrizione meno grottescamente sballata??? Chi glielo spiega adesso al proprietario delle stampe che “l’esperto” della San Giorgio ha indicato Utamaro come un “ignoto incisore”??? Che vergogna! Se me lo consenti sul catalogo online vorrei mettere un link di rimando al tuo sito, in ogni modo durante l’esposizione non mancherò di segnalare l’imprecisione… Che dire? Grazie anche per questo!