L’onda nei pressi della costa di Kanagawa (Kanagawa oki namiura), dalla serie delle “Trentasei vedute del Monte Fuji” (Fugaku sanjūrokkei) del 1830-1832 circa, è sicuramente l’opera più nota di Katsushika Hokusai (1760-1849), e senz’altro una delle più conosciute icone di tutta l’arte giapponese. Definita dai più semplicemente come “La grande onda”, è una stampa xilografica in policromia (nishiki-e, “immagine a broccato”) di formato ōban (cm. 26 x 38 circa), pubblicata dall’editore Eijudō di Edo (l’antica Tokyo).

La popolarità di questo capolavoro è dovuta a vari fattori. Innanzitutto si tratta di un’immagine di straordinaria efficacia: il tema è quello  del perenne confronto tra le forze della Natura, le onde, e l’uomo, i marinai, inscenato al cospetto dell’immota silenziosità del Monte Fuji. Il disegno concepito da Hokusai è drammatico, potente, un vortice di tratti si protendono dalle creste dei flutti quasi ad agguantare lo spazio e i volumi; la scelta dei colori di stampa è raffinata e calibratissima, merito non solo di Hokusai, che sappiamo fu quasi maniacale nella cura della trasposizione seriale delle sue invenzioni, ma anche degli abili stampatori che parteciparono a questo progetto.

La grande onda nei pressi di Kanagawa

Già al momento della sua prima uscita in Giappone la serie ebbe un successo strepitoso, contribuendo in modo sostanziale ad accrescere la fama di Hokusai e a inaugurare quella stagione della storia dell’Ukiyo-e, le “immagini del mondo fluttuante”, ricordata soprattutto per le ricerche nel campo del paesaggio. Non da ultimo, è ormai risaputo quale sia stata la portata delle stampa d’autore giapponese negli sviluppi della cultura artistica europea e statunitense dalla metà dell’Ottocento in poi: personaggi come Manet, Monet, Degas, Gauguin e Van Gogh, solo per citarne alcuni, furono tutti appassionati estimatori dell’Ukiyo-e, ed in particolare di Hokusai, tanto che le opere di quest’ultimo fornirono più volte l’ispirazione per acclamati capolavori degli artisti delle avanguardie del XIX e del XX secolo.

Hasegawa Tohaku, pannello per il tempio Zenrin-ji

In particolare, l’album con le Trentasei vedute del Monte Fuji venne ritenuto da Edmond de Gouncourt, autore nel 1896 della prima monografia su Hokusai, come “ispiratore del paesaggio degli impressionisti di questo momento”.
Nel corso della sua lunghissima carriera, in più occasioni Hokusai ebbe modo di cimentarsi con il tema dell’Onda. Si può dire anzi che i vortici marini abbiano costituito una costante nella sua opera. D’altronde, il mare e la sua potenza si possono considerare un soggetto classico della tradizione artistica giapponese: ne è un esempio superbo il pannello realizzato da Hasegawa Tohaku (1539-1610) per il tempio Zenrin-ji, in cui rocce a metà tra l’astratto e il naturalistico si isolano tra gorghi di elegante sinuosità calligrafica.

Già nel 1797, quando firmava le sue opere con lo pseudonimo di Sōri in onore del maestro Tawaraya Sōri (attivo 1764-1780) la guida del cui studio aveva rilevato verso il 1795, Hokusai realizzò una composizione intitolata “Primavera a Enoshima” (Enoshima shunbō), contenuta nel volume “Rami di salice piangente” (Yanagi no ito), in cui compaiono sia il Monte Fuji sullo sfondo sia un’onda in primo piano: certo si tratta di un innocuo maroso rispetto al furore della “Grande onda”, ma è con quest’opera che Hokusai avviò la sua riflessione grafica sul moto delle acque marine.

Primavera a Enoshima

Solo alcuni anni dopo, nel 1805, riaffronterà il tema, ma con piglio completamente diverso. La stampa intitolata “Barche da trasporto tra le onde” (Oshiokuri hatō tsūsen no zu), nella serie senza titolo di quattro fogli accomunati da una spiccata influenza per i modi dell’arte occidentale (soprattutto per la presenza di una sorta di cornice e per la scelta di apporre il titolo in alto a destra non scrivendolo in verticale, come da tradizione estremo-orientale, bensì in orizzontale), si può considerare il diretto precedente della “Grande onda”.

Il tema e la composizione sono infatti analoghi, pur essendo assente il grande protagonista, ovvero il Monte Fuji: non sfuggono comunque le grandi differenze tra le due stampe, soprattutto la staticità di questa più antica composizione rispetto al dinamismo dell’onda di Kanagawa.

Barche da trasporto tra le onde

La svolta stilistica che rappresenta la serie delle Trentasei vedute del Monte Fuji è ben visibile in alcune composizioni successive al 1830-1832, appartenenti quindi all’ultimo ventennio di attività del Maestro, periodo della piena maturità artistica. Il tema dell’onda sarà sfruttato in altre occasioni con risultati sorprendenti, sebbene si possano considerare frutto dell’elaborazione del paradigma stilistico messo in atto con “La grande onda di Kanagawa”.

Le due pagine con “Il Monte Fuji visto dal mare” (Kaijō no Fuji), presenti nel secondo volume delle “Cento vedute del Monte Fuji” (Fugaku hyakkei) del 1835, sono possibilmente ancora più entusiasmanti del foglio pubblicato solo qualche anno prima. Si tratta di una scena formalmente elegantissima, in cui il movimento rabbioso dei flutti è reso solo attraverso il susseguirsi di tratti calligrafici: per questa pubblicazione in tre volumi l’editore, in accordo con Hokusai, decise infatti di rinunciare alla policromia, conscio che il disegno di Hokusai, con tutte le sue infinite sfumature, potesse di per se stesso raggiungere vertici poetici altissimi.

Monte Fuji visto dal mare

Nonostante le ovvie analogie, questa scena presenta numerose differenze rispetto alla “Grande onda”: oltre al taglio diverso, soprattutto si nota l’assenza dell’elemento umano, come se il Maestro volesse con quest’opera rendere omaggio particolare alla Natura e alla sua potenza dominata, ancora una volta, dal cono perfetto della grande montagna.

L’onda sarà anche il tema di una delle opere che il Maestro, ormai ottantacinquenne, eseguì a Obuse, cittadina nella Prefettura di Nagano presso cui si recò nel 1845 per far visita al suo amico, allievo e mecenate Takai Kōzan (1806-1883), e per scampare ai debitori che lo assillavano a Edo. Si tratta di due pannelli in legno (cm. 95,7 x 96,2) che il Maestro dipinse come decorazione per il soffitto di un carro allegorico preparato per la festa popolare di Kammachi; la cornice decorativa fu invece dipinta dallo stesso Kōzan su indicazioni dell’ormai anziano pittore. Hokusai concepì le due immagini come pendant, una raffigurante le onde maschili e l’altra le onde femminili, secondo la tradizionale suddivisione cosmologica tra yang e yin, i due principi, rispettivamente maschile e femminile, che costituiscono l’Uno.

I due pannelli esprimono così l’originaria potenza creatrice della Natura, isolata da qualsiasi contesto geografico. Un vortice di energia pura che solo il genio di Hokusai poteva realizzare.

Pannelli per il carro allegorico