Satsuma è uno dei nomi più familiari tra chi abbia una certa conoscenza dell’arte giapponese, in particolare di quella prodotta in epoca Meiji (1868-1912) ed esplicitamente destinata all’esportazione verso Europa e Stati Uniti.
La ceramica Satsuma è immediatamente riconoscibile e la sua presenza nelle collezioni europee, anche italiane, è molto diffusa.
Grandissime quantità di oggetti Satsuma furono infatti importate tra fine Ottocento e inizio Novecento, a partire per lo meno dal 1867, anno in cui furono presentati per la prima volta all’Esposizione Universale di Parigi.
Il successo fu tale che da allora molte fornaci giapponesi convertirono la loro produzione a uno stile che richiamasse esplicitamente quei decori policromi (nishikide) messi a punto per primi dai ceramisti attivi a Tadeno e Naeshirogawa, i due forni nei pressi di Kagoshima dove si era originata la ceramica Satsuma.
L’exploit all’estero avvenne pochi anni dopo, in occasione dell’Esposizione Universale di Vienna del 1873, allorché botteghe non solo di Kagoshima, ma anche di Kyoto, Osaka, Tokyo e Yokohama, presentarono vasellame di simile gusto. Il termine Satsuma venne così a identificare uno stile piuttosto che una specifica produzione.
La storia delle fornaci di Tadeno e Naeshirogawa rimane tuttora oscura. L’origine della produzione in questi si situa probabilmente verso la metà del XVII secolo, con pezzi destinati a soddisfare principalmente le richieste della famiglia Shimazu, che governava quei territori, e del mercato locale. In questa fase degli esordi, il vasellame già presentava decori a smalti policromi, ma in verità piuttosto rarefatti. Nei secoli successivi, i ceramisti di Kagoshima perfezionarono le loro tecniche grazie alla conoscenza dei traguardi acquisiti da altre fornaci del Giappone, riuscendo infine, verso l’inizio dell’Ottocento, a realizzare una ceramica dall’impasto fine, di color camoscio, sulla quale applicavano vivaci decori a smalti policromi.
Queste caratteristiche si ritrovano anche nella produzione destinata all’esportazione, che si connota inoltre per la presenza di diffuse stesure dorate, per un effetto complessivo che è ridondante, più affine al gusto esuberante degli stranieri che all’estetica giapponese più pura.
La varietà delle forme e delle dimensioni e la minuzia delle decorazioni – siano esse di tipo floreale oppure paesaggi affollati di figure e architetture – sono elementi che contraddistinguono tutta la produzione di stile Satsuma, non importa in quale fornace sia stata realizzata.
Tuttavia, con il trascorrere degli anni a partire da quel fatidico 1873, i numerosi artisti che si cimentarono con lo stile Satsuma tentarono – in molti casi con successo – di realizzare oggetti che riflettessero anche la propria personalità artistica.
Consci del proprio talento, questi ceramisti iniziarono a firmare e ad apporre il marchio della propria fornace, così che molti di questi nomi ora sono ben noti.
Di Yabu Meizan, indiscusso protagonista della ceramica Satsuma, ho già avuto modo di scrivere in una precedente occasione, ma molti altri sono gli autori in questo ambito sulla cui opera vale la pena di spendere qualche parola.
Kinkōzan Sōbei VI (?-1884) e suo figlio Kinkōzan Sōbei VII (1868-1927) furono a capo di una prolifica bottega di Kyoto in cui lavorarono molti artisti dotati i quali, in alcuni casi, firmarono con il loro nome le opere che realizzavano: Fuzan, Chokusai, Ichiko, Itōzan e Sozan, tra gli altri.
Molte delle opere dell’atelier riportano tuttavia solo il marchio generico “Kinkōzan zō”, ma non per questo la qualità complessiva è inferiore.
E’ il caso, ad esempio, del vasetto battuto da Bertolami Fine Art l’11 giugno del 2019 (lotto 162). Si trattava di un manufatto delizioso da ogni punto di vista. Alto solamente 21,6 centimetri, si caratterizzava per forma semplice ed elegante, con base circolare dalla quale si dipanava la parete che raggiungeva la massima ampiezza nei pressi della spalla su cui si disponeva breve collo cilindrico.
La sua più evidente qualità era la superba decorazione che si svolgeva sul suo esterno. Fasce a tappeti di fiori verso la base e sul collo, sul corpo un fondo a graticcio di bambù con insetti sparsi a sovrapporsi e quattro grandi cartigli all’incirca quadrati, all’interno di ognuno dei quali una veduta con monti, alberi, architetture e figure. La spalla inoltre mostrava uno straordinario tappeto di foglie ‘a giorno’, intagliato dunque prima della cottura, e quindi anch’esso – come il resto del decoro – dipinto a smalti policromi e arricchito di diffuse dorature.
Il vasetto aveva una stima piuttosto cauta (800-1.000 €) che ha evidentemente contribuito a stimolare la gara tra diversi contendenti. L’ha spuntata un collezionista statunitense, che se l’è aggiudicato alla bella cifra di 17.000 €, comprensiva dei diritti d’asta.
Un capolavoro, dunque, che non è passato inosservato tra chi conosce ed è appassionato di ceramiche Satsuma di alta qualità.
Tuttavia, il collezionismo di questo genere di vasellame coinvolge un pubblico sicuramente più ampio, ed è possibile entrare in possesso di oggetti Satsuma molto gradevoli anche a prezzi decisamente più abbordabili.
Ancora Bertolami Fine Art ne ha offerto al pubblico incanto lo scorso 18 ottobre 2020 un piccolo gruppo, che ha attratto l’interesse dei compratori.
Un piccolo vasetto a uovo con coperchio (lotto 307), firmato “Bizan” e decorato finemente sull’esterno con un romantico motivo di bambini in volo sulla groppa di farfalle, aveva una base d’asta di € 100, ed è stato aggiudicato a € 280, più i diritti d’asta.
Il grazioso vasetto globulare con presine a forma di ruota e delicato decoro di personaggi nel paesaggio (lotto 311), firmato “Hattori Kōsen Gosuidō sei”, ha raggiunto la cifra di € 220, ai quali si debbono ancora una volta aggiungere i diritti d’asta.
Di tutt’altre proporzioni, il monumentale vaso con coperchio con importante presa modellata a forma di leone buddhista seduto sulle zampe posteriori (lotto 315), ornato sul corpo di figure in diversi atteggiamenti, era stimato € 4.000-5.000 ed è stato infine aggiudicato a € 2.600 più di diritti d’asta.
Cifre ovviamente lontane da quelle raggiunte dal piccolo capolavoro di Kinkōzan prima ricordato, le quali dimostrano però che la ceramica Satsuma è ancora molto ricercata tra i cultori di arte giapponese.
Proprio come lo era in epoca Meiji, allorché in Europa e negli Stati Uniti quel prezioso vasellame, esuberante nel decoro policromo e raffinato nella disposizione degli ornati, era da molti conteso, capace com’era di conferire ad ogni casa un tocco di pura eleganza esotica.