E’ ancora in corso, per pochi giorni, fino al 3 luglio, la mostra intitolata Trame giapponesi. Costumi e storie del teatro Nō al Museo d’Arte Orientale di Venezia.
A cura di Marta Boscolo – direttrice del museo – e con catalogo italiano-inglese edito da Antiga Edizioni, la mostra espone una serie di pregevoli manufatti relativi al Nō, la più sofisticata forma di teatro giapponese, le cui origini risalgono al XV secolo.
I costumi, gli strumenti musicali, i dipinti e le stampe che formano il percorso provengono dalle inesauribili raccolte del principe Enrico di Borbone (1851-1903), acquisite all’inizio del Novecento dallo stato italiano e confluite nello spazio museale che tuttora le ospita.
La selezione di maschere è invece un prestito generosamente concesso dall’amico Renzo Freschi. Maschere che chi scrive conosce molto bene, poiché autore del catalogo Le maschere dell’anima. 30 maschere del teatro giapponese del 2015 in cui erano pubblicate.
Ho avuto modo in più occasioni di avere un contatto diretto con queste collezioni veneziane, l’ultima meno di un anno fa, quando ebbi il privilegio di analizzare nel dettaglio la sorprendente sezione di porcellane cinesi, purtroppo poco nota e che in realtà meriterebbe una maggiore valorizzazione, e perfino un catalogo.
Il Museo d’Arte Orientale di Venezia è un vero e proprio scrigno di tesori, ed è rassicurante sapere che i suoi depositi conservino una notevole quantità di preziosi manufatti che periodicamente possano essere studiati per essere mostrati al pubblico almeno per eventi temporanei come quello più recente dedicato al teatro Nō.
La parte più avvincente di questa mostra è a mio parere quella che raccoglie i costumi. Un vero e proprio tripudio di sete broccate, dai colori brillanti e dagli ornati accostati con quell’eleganza che è propria della sofistica cultura artistica giapponese.
Le tipologie dei costumi per il teatro Nō sono numerose, e la raccolta veneziana può vantare una notevole varietà di esemplari, alcuni dei quali risalenti al XVII secolo.
Di superba qualità sono anche gli strumenti musicali, realizzati prevalentemente in legno laccato con finissima decorazione a oro. Flauti e percussioni erano usati per produrre sonorità rarefatte ed evocative da un’orchestra che immancabilmente accompagnava la recitazione di attori esclusivamente maschi, alle prese dunque con l’interpretazione anche dei ruoli femminili.
Suggestiva anche la selezione di dipinti e stampe. Il teatro Nō non è soggetto usuale delle Ukiyo-e, le “immagini del mondo fluttuante”, quelle xilografie policrome che tanto successo hanno avuto anche in Europa a partire dalla metà dell’Ottocento, stimolando addirittura il rinnovamento degli impressionisti.
Tuttavia, riferimenti a quella forma di teatro si ritrovano copiosi tra quei fogli policromati, dedicati invece in grande numero al Kabuki, forma di teatro sicuramente più popolare che moltissimo successo ebbe durante il periodo Edo (1603-1868).
Una sezione della mostra è infine riservata agli scatti fotografici di Fabio Massimo Fioravanti, il quale ha nell’ultimo decennio omaggiato in molte occasioni il misterioso e affascinante mondo del Nō.
Grazie a questa mostra i veneziani potranno rivivere certe emozioni che la città aveva già provato nell’ormai lontano 1954. Proprio in quell’anno, infatti, alla Biennale il pubblico poté assistere ad alcuni spettacoli di quest’arte performativa, rimanendo molto colpito dalla sua straordinaria miscela di scenografie, costumi, musica, recitato, canto e danza.