La Cina è un paese immenso, ricco di una storia culturale millenaria, nel corso della quale artisti e artigiani di varia formazione hanno realizzato grandissimi capolavori, raggiungendo mirabolanti traguardi tecnici ed estetici.

Nonostante ciò, chi visitasse oggi le città cinesi potrebbe inaspettatamente rimanere deluso. Le tracce del grandioso retaggio artistico cinese non appaiono più ai nostri occhi in quella che doveva essere la loro magnificenza. Da una parte i disastrosi eventi politici e sociali che hanno caratterizzato il Novecento cinese, dall’altra l’inurbamento selvaggio promosso negli ultimissimi anni, sono questi i fattori fondamentali che hanno in parte cancellato il passato artistico cinese.

Tripode ding in bronzo, fine del X sec. a.C.

Dopo decenni di sfacelo e dispersione, solo recentissimamente il governo cinese ha preso a rivalutare le proprie tradizioni, avendo compreso che ciò non porta altro che benefici d’immagine, non solo agli occhi degli stranieri ma anche degli stessi cinesi. E’ così che alcuni monumenti di inestimabile valore sono rinati e possono essere oggi ammirati in tutto il loro splendore, soprattutto nelle grandi metropoli, come Xian e Pechino. E’ così che nel volgere di pochissimi anni sono stati rimodernati oppure costruiti di sana pianta grandi musei, nei quali vengono esposte opere scampate agli eventi della storia oppure acquistate in tutti i mercati mondiali. Ma soprattutto, è così che anche in Cina si sta formando una coscienza artistica più o meno analoga a quella di altre nazioni, che al primo posto ponga la tutela del passato e dei suoi reperti culturali.
Nell’ambito delle città più importanti della Cina, Shanghai, si sa, ha sempre occupato un posto speciale, in particolar modo nel corso del XX secolo. Nei periodi più difficili della storia moderna cinese, essa è sempre rimasta un’eccezione. Anche nelle fasi di maggiore chiusura politica e culturale, Shanghai ha continuato ad essere un importantissimo porto internazionale, ambita meta per molti occidentali che vi hanno vissuto contribuendo a creare quell’atmosfera cosmopolita che ancora oggi vi si respira. Anche nel campo museale Shanghai può vantare una storia che ha pochi equivalenti in tutta la Cina.

Bottiglia in porcellana 'bianco e blu', dinastia Ming

Il museo più importante della metropoli,  lo Shanghai Museum, esiste infatti come istituzione dal 1952; nel 1959 fu trasferito in un altro palazzo che rimase la sua sede fino al 1992, allorchè il governo della città non gli concesse un ampio spazio nella centralissima Piazza del Popolo. In soli tre anni, dal 1993 al 1996, furono completati i lavori per l’erezione di uno stupefacente e modernissimo edificio ideato dall’architetto Xing Tonghe, tuttora sede del Museo. Di pianta quadrata sormontata da una cupola emisferica, di una forma cioè che rimanda ad uno dei principali cardini della cosmogonia cinese secondo cui la terra è per l’appunto quadrata e il cielo sferico, l’edificio offre uno spazio amplissimo all’incredibile collezione conservata dal Museo, esposta in allestimenti all’avanguardia che non temono il confronto con nessun museo occidentale. Per il visitatore straniero non mancano apparati didattici in inglese, fondamentali per comprendere le linee guida della storia dell’arte cinese. L’esposizione è organizzata in gallerie, scelte in base a tipologie artistiche (bronzi, ceramiche, pittura, calligrafia, scultura, monete, sigilli, giade, mobili e etnografia cinese), mentre ampi spazi sono riservati alle mostre temporanee che si susseguono senza sosta nel corso dell’anno.
Uno dei punti di forza della collezione è senz’altro la raccolta di bronzi arcaici, probabilmente la più importante nel mondo. Praticamente sono rappresentati tutte le forme e gli stili di questi manufatti, che gli artisti cinesi produssero a partire dal XVIII secolo a.C. circa. Destinati prevalentemente ai riti, erano realizzati con tecniche estremamente innovative, rimaste inimitabili per molti secoli a venire. Su molti di questi bronzi si apponevano delle iscrizioni di vario tipo, solitamente dedicatorie, che hanno fornito importantissime notizie sulla storia, gli usi, i costumi e la cultura dei popoli antichi. Tra i tanti capolavori presenti nella collezione di bronzi, forse il più noto è il maestoso contenitore per cibo di tipo ding, noto con il titolo di “Da Ke Ding” (“Il grande ding dei Ke), in riferimento alle sue proporzioni e al suo committente. Il tripode è infatti alto più di 93 centimetri e pesa oltre 200 chili; decorato sull’esterno con motivi di maschere taotie e onde stilizzate, presenta all’interno una lunghissima iscrizione di 290 ideogrammi, grazie alla quale apprendiamo che il bronzo fu realizzato per Ke, un alto funzionario al servizio della dinastia degli Zhou Occidentali, verso la fine del X secolo a.C.. L’opera fu riportata alla luce nel 1890 presso il tempio Famen nella provincia dello Shaanxi e donata al Museo da Pan Dayu.

Sun Wei, Eremiti, fine del X secolo

Di grandissima importanza è anche la collezione di ceramiche. Essa consta di un grandissimo numero di pezzi, grazie ai quali è possibile ripercorrere l’intera storia di quest’arte, una delle glorie della cultura cinese, dal Neolitico al XX secolo. E’ possibile quindi ammirare contenitori dalla linea elegantissima databili al III millennio a.C.; statuette funerarie dai soggetti più variegati delle dinastie Han e Tang; pressochè tutte le raffinatissime produzioni del periodo Song, gioia di ogni appassionato di quest’arte; infine, tutte le innumerevoli famiglie della mitica porcellana cinese, realizzate per lo più nelle dinastie Yuan, Ming e Qing.
La raccolta di dipinti è una delle più importanti della Cina e del mondo, seconda forse solo a quella conservata nel Museo Nazionale di Taipei. Così tanti sono i suoi capolavori, databili dal IX al XX secolo, che è praticamente impossibile anche solo enumerarli. Ne citeremo solo due, rappresentativi di due generi, la figura e il paesaggio, tra i più apprezzati nel corso della storia della pittura cinese. Molto noto è senz’altro il rotolo orizzontale di Sun Wei, pittore di corte attivo nel tardo IX secolo, durante la fase finale della

Wang Meng (1308-1385), Paesaggio, 1366

dinastia Tang. Vi sono raffigurati quattro famosi Eremiti seduti su tappeti e serviti da attendenti. Si tratta di un’opera incompleta, la sezione di un rotolo in cui originariamente erano raffigurati i famosi “Sette saggi del boschetto di bambù”, soggetto molto popolare tra i pittori cinesi. L’opera di Sun Wei, l’unica sua sopravvissuta e una delle pochissime originali del periodo Tang esistenti al mondo, colpisce per la vividezza con cui sono rese le scene, la minuzia dei dettagli e l’eleganza degli accostamenti cromatici.

L’altro dipinto che si è scelto è un maestoso paesaggio di Wang Meng (1308-1385), uno dei cosiddetti “Quattro Maestri della dinastia Yuan”. Realizzato nel 1366 solo a inchiostro su carta, questo rotolo verticale è uno dei più riusciti dipinti di questo artista-letterato, nel quale possiamo ammirare la sua proverbiale abilità con il pennello e nella resa dello spazio; questo tipo di composizione, che si può definire ‘classica’, riflette l’amore per l’immensità della natura degli intellettuali cinesi e il loro desiderio di compenetrazione.
Non è possibile chiaramente relazionare in maniera esaustiva anche sulle altre sezioni del Museo, ognuna delle quale offre un ampio spaccato di una specialità artistica cinese. Basterà dire che non tutti i musei cinesi, nè quelli di arte cinese nel mondo, posseggono sezioni così ricche di tipologie di oggetti meno note, quali i sigilli oppure le monete.

Testa di lohan in legno, dinastia Song

Personalmente ho apprezzato soprattutto la galleria dedicata alle sculture, gran parte delle quali buddhiste, poichè non è sempre possibile approfondire questo genere artistico cinese che forse più di tutti ha subito le ingiurie del tempo e della storia.