C’era una volta un pescatore.
Il suo nome era Chen.
Ogni giorno Chen prendeva la sua barchetta, e reti alla mano, si spingeva lentamente lungo il fiume per catturare quei pesci che gli garantivano una modesta sopravvivenza.
Una volta, un giorno che sembrava uguale agli altri, all’inizio di una primavera qualsiasi, Chen si ritrovò casualmente in un’ansa del fiume che mai prima aveva visto.
Rimase senza fiato.
Tutt’intorno, sulle sponde del corso d’acqua, bellissimi alberi di pesco in fiore sprigionavano un profumo intenso. Le fronde delle piante si allungavano libere, si sfioravano e a volte pure si toccavano, formando un intricato pergolato di una miriade di delicatissime tonalità tra il bianco e il rosa.
“Che meraviglia!”, esclamò Chen, avvertendo una sensazione di benessere che mai prima di allora aveva provato. Il suo corpo gli sembrava più leggero e la mente s’era all’improvviso liberata da tutte le angosce della mondanità.
Ancorò la giunca, e si inoltrò nel boschetto.
Si avvide allora che da un punto preciso della vicina collinetta scaturiva un bagliore. Incuriosito, s’incamminò per scoprire di cosa si trattasse.
La luce proveniva da una cavità. Benché sulle prime gli sembrasse troppo angusta, provò comunque a inoltrarsi per quel passaggio, che si rivelò invece essere più largo di quanto avesse creduto.
Pochi passi e davanti ai suoi occhi si parò una visione straordinaria. Un’ampia vallata di distendeva rigogliosa per moltissime miglia, punteggiata di bassi edifici, campi coltivati e una vegetazione lussureggiante.
Persone anche. Bambini che giocavano, anziani che si godevano i raggi del sole, uomini e donne indaffarati.
Alcuni di loro, avendo scorto il pescatore sulla collina, gli si avvicinarono. Sorridenti e gioviali. Gli chiesero chi fosse e da dove fosse venuto, che mai prima l’avevano visto.
Chen, sempre più stupito, raccontò loro quello che era accaduto. Lo invitarono allora a scendere a valle, lo fecero entrare nelle loro case, gli offersero cibo e bevande perché si rifocillasse e cominciarono a rispondere alle domande che il pescatore, rassicurato dall’accoglienza, cominciò a rivolgere loro.
Gli raccontarono che quella comunità si era formata molti secoli prima. I loro antenati aveva scoperto quell’antro sfuggendo alle persecuzioni di Shin Shi Huangdi, il malvagio imperatore dei Qin, l’avevano abitato e da allora non si erano più mossi. Generazione dopo generazione avevano reso fertile e generosa quella vallata sconosciuta al resto del mondo. Anno dopo anno, non avevano più avvertito la necessità di uscirne, poiché lì avevano tutto quello di cui abbisognavano.
Pace, prosperità, comunione con la natura.
Nulla sapevano di quello che era in seguito accaduto all’esterno, dei regni che si erano susseguiti e delle guerre che si erano combattute. Non erano al corrente di nulla di quanto il pescatore stava loro dicendo, riassumendo oltre cinque secoli di storia.
Non ne rimasero scossi. Erano felici per la vita che conducevano, e mai l’avrebbero cambiata.
Trascorsero diversi giorni.
Chen decise allora che era il tempo di tornare alla sua vita precedente. Nell’accomiatarsi, i membri della comunità gli chiesero di tenere per sé quello che aveva visto, scongiurandolo di non rivelare a nessuno l’esistenza di quel luogo.
Uscito dalla stessa stretta cavità da cui era entrato, il pescatore montò sulla sua barchetta e riprese la via del ritorno, avendo accortezza di segnalare certi punti lungo il percorso così da poterlo ripercorrere in un altro momento senza il rischio di perdersi.
Appena giunto al villaggio, e in barba a tutte le promesse fatte, chiese udienza al re per raccontargli l’avventura che aveva vissuto. Il sovrano subito organizzò una spedizione per raggiungere quel luogo. Chen fece da guida, sicuro che sarebbe stato facile ritrovarlo, grazie ai segnali che aveva disseminato.
Così non fu.
Il boschetto di peschi in fiore sembrava scomparso nel nulla, come se non fosse mai esistito. Dopo alcuni tentativi, gli uomini se ne tornarono alle proprie case, sbeffeggiando Chen che da allora fu da tutti ritenuto un pazzo.
Avendo saputo di quella strana storia, anche un venerato saggio eremita che viveva in quella provincia si mosse per ritrovare la valle magica. Per mesi e anni si aggirò solitario lungo il fiume, non riuscendo tuttavia a imbattersi nella cavità. Morì di stenti, nel corso di quella vana ricerca.
Da allora, nessuno mai più tentò.
Nota 1
Questa storia l’ha concepita Tao Qian (376-427), uno dei maggiori poeti cinesi dell’antichità. Vissuto in un periodo di grave instabilità politica e sociale, decise di abbandonare la frenesia della città per vivere da eremita tra le montagne, dedicandosi alla scrittura, indulgendo nel vino e godendo della rara compagnia degli amici che incontrava. I suoi testi riflettono con spontaneità la condizione di chi, come lui, preferisce isolarsi pur di non dover subire le angosce della mondanità, riscoprendo al contempo la spiritualità della natura e la dignità di ogni seppur minimo gesto.
Nota 2
Il dipinto è opera di Wang Meng (circa 1308-1385), uno dei più ispirati pittori attivi durante la dinastia Yuan (1271-1368), autore di paesaggi di straordinaria ampiezza prospettica, spesso ispirati dalle composizioni di grandi artisti del passato, come Dong Yuan (attivo 930-960 circa).
Wang Meng ha realizzato questo dipinto, e le altre sue versioni note, intorno al 1367, nel periodo in cui la città ribelle di Suzhou era assediata dalle truppe di Yuanzhang, il futuro primo imperatore della dinastia Ming (1368-1644). Per scampare ai tumulti, Wang Meng si rifugiò tra le montagne, continuando a dipingere.
Forse, aveva in mente proprio la storia di Tao Qian quando lo dipinse, e per questo punteggiò la sezione inferiore del rotolo di peschi fioriti, abbarbicati tra le rocce che costeggiano un fiume sul quale naviga placida una barchetta guidata da un pescatore.
Nota 3
Il racconto di Tao Qian è la storia di un tempo sospeso, così come sospeso era il tempo per il suo autore e anche quello di Wang Meng quando entrambi decisero di isolarsi.
Il nostro, ora, è un tempo sospeso. Lasciamo che qualcosa di buono ne venga fuori. Sarà meglio, prima che il tempo ricominci a correre.