Fausto Zonaro è un pittore italianissimo, nato a Masi in provincia di Padova nel 1854 e morto a Sanremo nel 1929. Eppure, la sua notorietà è in gran parte dovuta ai suoi dipinti che hanno come tema Istanbul e i suoi abitanti.

Fig.1

Fausto Zonaro, “Bayram”

Fig.2

Fausto Zonaro, “Mafalda on the Banks of the Bosphorus, the Dolmabahçe Mosque in the background”

Fig. 3

Fausto Zonaro, “L’imbarcazione”

Fig. 4

Fausto Zonaro, “Pescatori alla bilancia 3, sul Bosforo”

Egli infatti visse insieme alla sua famiglia per circa vent’anni (1891-1910) nell’antica Costantinopoli, occupando dal 1896 il prestigioso ruolo di pittore di corte per conto del sultano Abdülhamid II. Si recò perciò in Turchia quando aveva 37 anni (sembra che a scegliere quella destinazione, oltre alle prospettive di guadagno, abbia anche contribuito la lettura di “Costantinopoli” di Edmondo De Amicis), e già aveva alle spalle almeno un paio di decenni di prolifica carriera, avendo lavorato a Venezia, Napoli e Parigi. Al suo ritorno definitivo in Italia, con la destituzione dell’Impero Ottomano, avrebbe continuato a dipingere per quasi altri 20 anni. Il suo soggiorno a Istanbul corrisponde perciò a circa un terzo della sua attività di pittore, e tale è anche la proporzione tra il numero dei suoi dipinti realizzati in Oriente e quelli invece eseguiti in Europa. Tuttavia, egli è considerato soprattutto come esponente di spicco dell’Orientalismo, invece che pittore ‘a tutto tondo’, paesaggista di grande sensibilità atmosferica e dotato ritrattista.
Perché?
La risposta sta tutta nei suoi dipinti. A guardare nell’insieme il ‘corpus’ delle sue opere si evince immediatamente la straordinaria capacità che aveva Zonaro nel mettere su tela le vibrazioni e i colori di quella città adagiata sul Bosforo. E’ come se il suo talento e l’esperienza accumulata a Venezia e a Napoli, città che pure posseggono un’ambientazione talmente magica che ha da sempre ispirato una moltitudine di artisti, Zonaro li abbia messi tutti a disposizione di quei luoghi incantati ai confini tra l’Europa e l’Asia. I toni caldi eppure vivaci della sua tavolozza riempiono le superfici pittoriche innescando riflessi di luce, scintillii di contrasto, caleidoscopi di specchi, tra mare, cielo e architetture. Nel mezzo appare vivissima la città, con il suo ininterrotto traffichio di imbarcazioni e le attività dei suoi abitanti, colti nei momenti più diversi delle loro giornate, dalla rasatura dei barbieri alle cerimonie dei Dervisci. Tale fu il suo coinvolgimento in quell’ambiente a lui congeniale che egli finì per sentirsi in tutto turco, nonostante mai rinnegasse la sua italianeità: imparò la lingua, nonostante a corte si comunicasse in francese (la città era allora un vivace centro cosmopolita), e preferì sempre andarsene in giro portando il caratteristico copricapo rosso fez, così come appare nei numerosi autoritratti che realizzò in quel periodo. E alla turca avrebbe continuato spesso a vestire anche al suo ritorno in Italia (oltre a continuare a dipingere opere di tema orientalista, sull’onda dei ricordi accumulati durante quel soggiorno all’estero), nonostante il dispiacere di aver dovuto lasciare quel paese per volere dei rivoluzionari che lo considerarono come membro di un retaggio da dimenticare al più presto, ignorando il suo talento di artista.
Zonaro è stato un pittore ‘en plein air’, non solo per la sua attitudine a dipingere per strada (solo per le composizioni più complesse – tra cui quelle destinate alle sale ‘di rappresentanza’ del palazzo commissionate dal sultano – preferì il lavoro in studio, spesso servendosi di fotografie, molte delle quali realizzate dalla moglie Elisa, abile con quel mezzo espressivo), ma anche per la sua predilezione a raffigurare gli spazi aperti e la vita che vi brulica. Il suo è un Realismo contaminato, nel quale si miscelano evidenti spunti della scuola napoletana dei fratelli Palizzi, di Eduardo Dalbono e Paolo Michetti, con riferimenti al venetismo di Ippolito Caffi e tocchi di Impressionismo francese, che aveva potuto apprezzare durante la visita a Parigi del 1888, anno che tuttavia sancì ufficialmente la fine di quel movimento rivoluzionario.
La pittura di Zonaro è certamente ammiccante, per i suoi colori a volte al limite della fluorescenza, la calibrata gestione degli effetti lucorali e il tema orientalista, obbiettivamente piacevole. Ma questo non significa che egli sia stato pittore ‘alla moda’, come solitamente si intende, in un periodo che vide l’ascesa e lo straordinario successo di personaggi quali Mariano Fortuny, ad esempio. Egli fu autentico interprete di un tipo di pittura nel quale a prevalere è la volontà dell’artista di sublimare i giochi atmosferici, nei quali si si immergono eterei i fatti della quotidianeità, per fermare quell’attimo irripetibile in cui i corpi si fondono nel tutto della vita, creando immagini di un’eterna e struggente bellezza.
La figura di Fausto Zonaro quale pittore è stata recuperata in pieno solo in anni recenti, grazie all’attività di esperti, di collezionisti e dei suoi eredi, che ne hanno ricostruito il profilo artistico e l’attività. Si sono perciò susseguite mostre monografiche sia in Italia sia in Turchia, che hanno chiarito molti aspetti della sua produzione. La più recente è stata intitolata “Fausto Zonaro. Vita e luce tra fasti ottomani e Belle Époque italiana”. Tenutasi a Palazzo Medici Riccardi a Firenze, città nella quale già in passato erano state organizzate manifestazioni in suo onore, l’hanno curata Bruno Baglivo e Erol Makzume, quest’ultimo sicuramente il più autorevole conoscitore dell’opera di Zonaro.
Questi eventi hanno sicuramente fatto sì che anche il mercato delle opere autografe di Zonaro ne risentisse, e beneficiasse. Le valutazioni sono infatti in costante crescita, e tutto fa presagire che questo sia l’andamento nel prossimo futuro. Una sua grande tela intitolata “Bayram” è stata battuta da Sotheby’s (Orientalist Sale, Londra, 21 aprile 20015, lot 6) all’autorevole cifra di 941.000 £, mentre un suo dipinto intitolato “Mafalda on the Banks of the Bosphorus, the Dolmabahçe Mosque in the background”, offerto da Christie’s Londra il 21 novembre 2012, aveva una stima di partenza di 150.000-200.000 sterline ma è stato poi aggiudicato a oltre 360.000. Poche migliaia di euro in più rispetto rispetto all’opera intitolata “L’imbarcazione” (cm. 45 x 70) venduta da Sotheby’s Milano nel giugno del 2011 per 384.750 euro, aggiudicazione già superiore a quella registrata da Christie’s New York nel 2013 (28 ottobre: “Pescatori alla bilancia 3, sul Bosforo”) che fu battuta a 317.000 $, realizzati dopo una stima di partenza di soli 40.000-60.000.