Saggio in pietra saponaria. Cina, dinastia Song, cm. 16,5 altezza.

La storia dell’arte dell’intaglio delle pietre dure in Cina è lunga tanto quanto la storia di quella plurimillenaria civiltà.
La giada prima di tutto, ma anche la giadeite, l’agata, il turchese, la malachite, il lapislazzuli, il cristallo di rocca, il calcedonio. Materie prime – presenti sul territorio oppure importate – utilizzate dagli artisti e dagli artigiani cinesi fin da tempi molto antichi, e per gli usi più variegati, da quello rituale a quello ornamentale, da quello funzionale a quello ricreativo. Amuleti destinati al defunto, sculture a tutto tondo, sigilli e altri oggetti riservati al letterato: le pietre dure sono una costante nella creazione artistica della Cina, dalle origini ai nostri tempi.
Nell’amplissimo ambito delle pietre dure sono sicuramente più numerose le differenze che le analogie. Nella durezza, nel colore, nella presenza più o meno cospicua di impurità. Quello che però le accomuna tutte, oltre all’indiscutibile fascino, è l’uso delle medesime tecniche e degli stessi strumenti per lavorarle. Per questo, gli artisti che si dedicavano all’intaglio della più nobile delle pietre, la giada, si cimentavano occasionalmente pure con gli altri tipi di pietre dure.
Anche la pietra saponaria (o steatite) è stata usata costantemente in Cina per la produzione di manufatti artistici. Con questo termine si identificano in realtà diverse tipologie di pietre dure che, tuttavia, hanno in comune un grado di durezza certamente inferiore rispetto ad altre. Nel vastissimo territorio cinese esistono diverse cave di questo tipo di pietra, sebbene le più apprezzate siano quelle ubicate nella provincia meridionale del Fujian e denominate shoushan, dal nome della montagna in cui si trovano. Alcune tra le più riuscite sculture cinesi in pietra saponaria sono state realizzate intagliando proprio questa speciale pietra, riconoscibile per le sue tipiche tonalità che oscillano tra il giallo-ocra e il rosso-mattone.

Zhou Bin (attivo XVII-XVIII secolo), Luohan in pietra saponaria, cm. 11,1 altezza.

Va da sé che alcuni tra gli artisti più apprezzati in quest’ambito – ricordati dalla letteratura del tempo – fossero attivi nel Fujian.
Sicuramente lo era Zhou Bin (noto anche come Shangjun), il più dotato tra loro. Nato a Zhangzhou e attivo tra il XVII e il XVIII secolo, durante quel periodo che è da molti considerato come l’apogeo nella storia dell’intaglio di pietre dure in Cina, Zhou Bin era molto conosciuto ai suoi tempi soprattutto per i suoi sigilli in pietra saponaria, contesi dai più eminenti studiosi.
Delle sue opere si apprezzava soprattutto la qualità ‘pittorica’. Egli riusciva infatti a trattare la pietra quasi come fosse un dipinto, scolpendo e incidendo quel materiale duro come se maneggiasse un pennello sulla carta o sulla seta, in accordo con il principio dello xieyi (letteralmente “dipingere l’idea”), tra i cardini della teoria della pittura cinese di sempre. Le sue opere, infatti, pur essendo ineccepibili dal punto di vista compositivo e strepitose per la minuzia dei dettagli incisi soprattutto nella resa dei motivi decorativi degli abiti, emanano autentiche vibrazioni calligrafiche.
Oltre ai sigilli, Zhou Bin scolpì anche un certo numero di sculture decorative a tutto tondo, alcune delle quali raffiguranti luohan, gli asceti della dottrina buddhista, un soggetto piuttosto comune tra quegli artisti specializzati nella lavorazione della pietra saponaria e attivi tra la fine della dinastia Ming e la prima parte di quella Qing.

Yang Yuxuan (attivo XVII-XVIII secolo), Sigillo in pietra saponaria, cm. 4.

Sembra che Zhou Bin sia stato avviato all’intaglio della pietra saponaria da Yang Yuxuan, anch’egli specializzato nell’utilizzo di quel materiale. Nato a Xhangpu, cittadina anch’essa nella provincia del Fujian, Yang Yuxuan era considerato già ai suoi tempi un artista di straordinario talento, così riferiscono le fonti. I suoi sigilli erano molto ambiti, come anche le sue sculture, realizzate in una tecnica nota come boyi (letteralmente “sottile intenzionalmente”), che da lui stesso si originò. Essa consiste sostanzialmente nella scelta di intervenire il meno possibile, utilizzando per l’appunto incisioni delicate e sottili, in modo che la pietra possa esprimere al meglio le sue naturali potenzialità. Il primo e più importante compito dell’artista era dunque quello di scegliere con cura la pietra grezza, intuendone fin da subito le caratteristiche, e in base a queste progettare la sua azione. Una forma di rispetto quindi, e anche una visione più sofisticata della propria arte, intesa quasi come fosse una collaborazione tra Uomo e Natura.

Wei Rufen (attivo XVII-XVIII secolo), Luohan in pietra saponaria, cm. 10,5 altezza.

Nella storia dell’intaglio della pietra saponaria tra XVII e XVIII secolo va ricordato anche Wei Rufen. Le notizie biografiche che lo riguardano sono davvero esigue e ciò si può probabilmente spiegare con la sua predilezione per la realizzazione di sculture con figure, e di conseguenza con la minore attenzione per l’intaglio dei sigilli, oggetti quasi venerati dagli intellettuali cinesi.

Tuttavia, la sua abilità nel trattare la pietra, nell’eleganza delle forme e negli straordinari dettagli incisi sulla superficie, è indiscutibile, e le sue opere – piuttosto rare – sono da molti considerate come l’apice dell’intaglio cinese della pietra saponaria.

Zixiu (attivo XVII-XVIII secolo), Luohan in pietra saponaria, cm. 12 altezza.

Riflessioni simili possono valere anche per altri artisti attivi in quello stesso periodo, tra cui Zixiu, autore di meravigliose composizioni figurative, mirabili per l’utilizzo sapiente delle naturali variegazioni della materia e per un lavoro di incisione raffinato e puntuale, apprezzabile soprattutto nei lineamenti dei volti. Segno distintivo della sua produzione è inoltre la costante presenza di piccoli inserti in vetro colorato e perle a scopo decorativo.
Manufatti in pietra saponaria cominciarono ad arrivare in Europa già nel XVI-XVII secolo, complice la vicinanza geografica del Fujian con le coste meridionali della Cina, dove più attivi erano i commerci con gli stranieri. Non è perciò difficile trovare nelle collezioni storiche europee questo genere di piccola statuaria.

Guandi in pietra saponaria. Cina, XVII secolo, cm. 25 altezza. Londra, British Museum.

Un gruppo di pietre saponarie appartenute a Sir Hans Sloane fu donato alla sua morte nel 1753 al British Museum di Londra che tuttora le custodisce. L’esemplare raffigurante Guandi, divinità popolare molto amata in Cina, si distingue per le sue notevoli dimensioni. Tuttavia, nonostante l’indubbia qualità, questa statuetta tradisce probabilmente una sua originaria destinazione verso il mercato dell’esportazione, soprattutto se si confronta con il superbo intaglio che caratterizza le opere più sopra ricordate e certamente riservate a conoscitori cinesi dal gusto sofisticato.