Ricordo ancora perfettamente quel periodo.
Napoli, 1996-1997.
Via Mezzocannone, a pochi passi da Palazzo Corigliano, sede allora – come tuttora – dell’Istituto Universitario Orientale, l’università che ho frequentato.
Ero agli sgoccioli del mio percorso di studi e per alcuni mesi, terminati gli esami, lavorai intensamente alla stesura della tesi di laurea.
Avevo da approfondire un argomento che mi ero scelto, che mi piaceva, e non mi costava perciò fatica studiare, leggere, scrivere.
Arte giapponese, ovviamente, Ukiyo-e, le “immagini del mondo fluttuante”.
Tōshūsai Sharaku.
Un artista tanto talentuoso quanto misterioso, un personaggio iconico della cultura visiva nipponica.
Alcune delle sue composizioni sono infatti molto note, e non solo tra gli estimatori della grafica d’arte giapponese.
La stampa con L’attore Ōtani Oniji III nel ruolo di Edobei – nella quale si vede un mezzobusto di uomo in posa dinamica, con le mani pronte all’azione e il volto in un’espressione rabbiosa, tra l’indurirsi della mascella e il saettare dello sguardo – è un capolavoro di introspezione psicologica, un manifesto della essenzialità lineare del disegno giapponese, un emblema della predilezione per il grottesco e per la caricatura di quel popolo, uno dei vertici assoluti dell’evoluzione delle tecniche xilografiche, tra colori caldi e incisioni misurate, esaltati dall’abbondante mica traslucida che riveste il fondo della composizione.
Concepita ‘en pendant’ con la superba e altrettanto nota composizione che ritrae L’attore Ichikawa Omezō I nel ruolo del servo Ippei, il rivale in atto di sguainare la spada, la stampa L’attore Ōtani Oniji III nel ruolo di Edobei ha popolato molti dei miei sogni in quel periodo.
Ero infatti così emotivamente coinvolto nell’impresa di scrivere la tesi che cominciai ad affiggere alle pareti del monolocale in cui vivevo fotocopie delle immagini delle stampe di Sharaku che man mano trovavo nei libri della biblioteca che avevo a disposizione, finché tutti i muri non si riempirono di quelle fisionomie distorte, di quei colori accesi, delle venature del legno delle matrici che a volte riverberavano attraverso la carta.
Niente di morboso, per carità!
Tuttavia, allora ritenni che quello fosse un modo adatto per cercare di conoscere meglio un artista sfuggente per plateale mancanza di dati biografici. Di Sharaku, infatti, poco o nulla si sapeva, e si sa, se non che è stato autore di 144 composizioni, tutte pubblicate in soli dieci mesi, tra il 1794 e il 1795. Sulla sua formazione e su quello che gli accadde in seguito, non si sa assolutamente nulla.
Eppure, nonostante il brevissimo arco di tempo, Sharaku ha letteralmente rivoluzionato l’evoluzione della stampa d’autore giapponese, ed egli è immancabilmente citato come uno dei maggiori protagonisti di quel genere artistico.
Nel corso degli anni, numerose si sono succedute le ipotesi su chi sia stato realmente Sharaku, tra chi lo ha considerato uno pseudonimo con il quale si celava un altro artista attivo in quel periodo (Utamaro? Hokusai?) oppure il grande editore Tsutaya Jūzaburō, che avrebbe pubblicato tutte le sue stampe e molte tra quelle di maggiore successo messe in commercio nell’ultimo decennio del Settecento, ma nessuna è sembrata più convincente delle altre, alimentando così di fatto un mito che fatica tuttora a declinare. E c’è stato anche chi si è spinto a proporre che in realtà Sharaku fosse giunto sulla terra da chissà quale pianeta, una sorta di Ziggy Stardust del pennello, una meteora che ha squassato certezze e modi di una scuola d’arte, per poi svanire nel nulla donde era arrivato.
Studiare la figura di Sharaku, allora, fu per me tentare di entrare in simbiosi con l’unica cosa certa che riguardava questo artista: le sue opere.
Per questo me ne volli letteralmente circondare, quasi a stabilire con le immagini che egli concepì una sorta di momentanea comunione.
Negli anni successivi, dopo la laurea, ho avuto modo in più occasioni di ritrovare Sharaku, e quelle sue immagini potenti, nelle occasioni in cui ho approfondito gli sviluppi dell’Ukiyo-e oppure sfogliando il catalogo della monumentale mostra che il Tokyo National Museum gli ha dedicato nel 2011.
Ancora qualche giorno addietro me lo sono ritrovato, inconfondibile nei suoi ritratti, allorché ho ‘sfogliato’ il catalogo dell’asta di Fine Japanese Art di Sotheby’s in programma per il 3 novembre a Londra nell’ambito dell’abituale appuntamento autunnale con l’Asian Art Week.
Ben otto stampe di Sharaku sono state esitate quel giorno, tutte appartenenti all’esordio della sua brevissima avventura nel mondo dell’Ukiyo-e, quel fatidico quinto mese del 1794 in cui si presentò prepotente al pubblico del teatro Kabuki, ritraendo alcuni degli attori che calcavano i palcoscenici di Edo (attuale Tokyo) in quella stagione.
Tre delle stampe, i lotti 2, 3 e 9, si riferiscono all’Hanaayame Bunroku Soga, un dramma in cui si susseguono vicende scandite da affronti, scontri e vendette. La stampa in cui è ritratto L’attore Bandō Mitusgurō II nel ruolo di Ishii Genzō (lot 2, stima 40.000-60.000 £) è esemplificativa dell’approccio stilistico di Sharaku improntato all’immediatezza e al dinamismo. Nella storia Ishii Genzō è uno dei tre fratelli che cercheranno di vendicare la morte violenta del padre. Questa stampa è infatti in coppia con quella che ritrae L’attore Sakata Hangorō III nel ruolo di Fujikawa Mizuemon, e le due insieme rappresentano il momento immediatamente prima dello scontro, con Ishii Genzō pronto a colpire di spada e il tenebroso Mizuemon scaltro nella difesa. Genzō finirà per soccombere per mano del suo rivale, eppure il suo sguardo furibondo – così come concepito da Sharaku – non faceva presagire la disfatta.
Allo stesso dramma è dedicata anche la strepitosa composizione con L’attore Arashi Ryūzō II nel ruolo dell’usuraio Ishibe Kinkichi (lot 9, stima 150.000-200.000 £). Sharaku lo ritrae mentre solleva la manica dell’abito per colpire con la mano la sua vittima preferita, l’ingenuo Bunzo. L’espressione del volto tradisce però una certa comicità, ed è così che nella trama è descritta questa figura, un violento ma goffo usurpatore, buono solo a prendersela con i più deboli.
Le stampe ai lotti 4 e 5 si riferiscono al Koinyobo somewake tazuna, un dramma originariamente concepito per il Bunraku, il teatro delle marionette, e poi adattato al Kabuki, nel quale si scandagliano gli stati d’animo che scaturiscono da tormentate relazioni familiari. Date no Yosaku, interpretato dall’attore Ichikawa Monnosuke II (lot 4, stima 70.000-100.000 £), uno dei due protagonisti della storia, è un collaboratore della famiglia Yurugi che si innamora di Shigenoi, la padrona di casa. Un amore illecito, dunque, che avrà come conseguenza l’allontanamento dell’uomo. Sharaku conferisce al personaggio un’espressione che denota consapevolezza del proprio atto sleale. Egli appare distrutto dal dolore eppure elegante nel suo abito rosa decorato a motivi di fiori, come a voler evidenziare il sublime sentimento che lo ha spinto a infrangere così platealmente il codice dell’onore.
Osan, ritratta alla stampa lot 5 (stima 50.000-80.000 £), è un personaggio minore della vicenda. Sorella di Ippei, fedele servo di Date no Yosaku, il ruolo di Osan è interpretato da Osagawa Tsuneyo II, un attore maschio specializzato nelle parti femminili.
Le stampe ai lotti 6, 7 e 8 sono infine dedicate al Katakiuchi Noriai-Banashi, dramma in cui si racconta la vendetta per la morte del padre Matsushita Mikinoshin perpetrata dalle due sorelle Miyagino e Shinobu. Proprio Miyagino è il soggetto della stampa al lotto 6 (stima 30.000-40.000 £). Il ruolo è interpretato dall’attore Nakayama Tomisaburō I, che è abile nel dissimulare l’assoluta determinazione con una certa aria civettuola. La posa è elegante, con la mano sinistra che tocca l’orlo superiore dell’abito nei pressi della spalla.
Matsushita Mikinoshin, ruolo interpretato dall’attore Onoe Matsusuke I, è il soggetto di un’altra delle stampe di Sharaku offerte da Sotheby’s il prossimo 3 novembre (lot 7, stima 25.000-30.000 £). L’artista lo ha immortalato nel momento di maggiore crisi della sua vita quando, sommerso dai debiti, fu costretto a vendere sua figlia minore a un postribolo. Nell’immagine lo si vede in sofferenza, con i capelli bianchi arruffati, la barba non rasata e l’aria mesta, con un ventaglio chiuso nella mano destra e la spada al fianco sinistro, ricordo del tempo in cui era rispettato samurai. La stampa in asta presso Sotheby’s si distingue per una lunga iscrizione a inchiostro attribuita a Ueda Shikibuchi (1819-1879), nella quale si esalta la versatilità di Matsusuke come attore.
L’umile pescivendolo Gorobei – soggetto della stampa al lotto 8 (stima 35.000-40.000 £) – ebbe un ruolo fondamentale nella vicenda del dramma, poiché il suo aiuto fu essenziale alle due sorelle per compiere la loro vendetta. Sharaku lo ha ritratto con espressione accigliata, sul capo il fazzoletto bianco annodato, e nella mano sinistra la pipa.
L’artista ha colto perfettamente il momento in cui l’attore Matsumoto Kōshirō è determinato a recarsi presso il quartiere dei piaceri dove si trovano Miyagino e Shinobu per programmare insieme a loro il piano della vendetta.
Le otto stampe offerte da Sotheby’s esemplificano dunque al meglio l’esordio di Sharaku, che in quel quinto mese del 1794 avrebbe pubblicato in tutto ventotto composizioni dedicate alla stagione estiva teatrale.
Pur non potendo in quest’occasione volare a Londra per godere dello spettacolo dell’Asian Week, la visione del catalogo dell’asta di arte giapponese di Sotheby’s ha avuto la forza di riportare in superficie il ricordo di momenti di grande intensità emotiva, durante i quali le pareti di un piccolo monolocale letteralmente si animavano di storie e colori, al ritmo di linee ondulate e pioggia di mica.
La mia prima volta con Sharaku andò così e, come si dice, la prima volta non si scorda mai.