Quest’anno, il 2020, è stato l’Anno della Pietra.
Non è ovviamente un riferimento al ciclo dello zodiaco estremo-orientale, poiché quest’ultimo è formato, come tutti sappiamo, esclusivamente da animali.
Il 2020 è stato l’Anno della Pietra poiché proprio una pietra è il soggetto dell’opera d’arte cinese venduta al prezzo più alto negli ultimi dodici mesi.
Si tratta di uno straordinario dipinto nel formato del rotolo orizzontale realizzato da Wu Bin, artista attivo durante il regno dell’imperatore Wanli (1572-1620) e famoso soprattutto per il suoi paesaggi, le opere di tema buddhista e le composizioni di ‘fiori e uccelli’.
Non molto si conosce della vita di questo personaggio, se non che nacque a Putian nella provincia meridionale del Fujian, che fosse già apprezzato in gioventù per il suo talento, che fosse parimenti versato nella composizione di poesie e prosa, che fosse un fervente buddhista e che nei decenni finali del regno di Wanli si recasse a Pechino per servire come pittore presso la corte dell’imperatore.
Della sua pittura si apprezzava l’approccio non convenzionale, certamente influenzato dai modi della Scuola Zhe, evidente nella resa dei picchi montani che stentano a essere contenuti dai limiti della superficie pittorica a sua disposizione.
Tra le conoscenze di Wu Bin vi era anche Mi Wanzhong. Sebbene fosse anch’egli uno stimato pittore e calligrafo, Mi Wanzhong era noto ai suoi contemporanei soprattutto come un avido collezionista di pietre. Nel suo studio di letterato – secondo un gusto molto diffuso tra i maggiori intellettuali cinesi – facevano bella mostra di sé straordinari reperti della natura, rappresentazione in piccolo della grandiosità dei picchi montani, tra cui una eccezionale pietra proveniente dal sito di Lingbi, nella provincia dell’Anhui.
Mi Wanzhong era così sopraffatto dalla bellezza di quella roccia che chiese a Wu Bin di realizzare un dipinto che la immortalasse per l’eternità. Il pittore studiò estasiato per oltre un mese quel miracolo litico, producendo infine un dipinto nel formato del rotolo orizzontale in cui esso appariva dieci volte in altrettante diverse posizioni, ed è per questo che da allora questo capolavoro è noto come Le dieci vedute della roccia Lingbi.
Wu Bin ha costruito dieci immagini eteree, nelle quali la roccia appare sospesa nel nulla più assoluto, come fosse una fortezza che svetta imprendibile oltre le nuvole. Ogni pennellata, ogni tocco di inchiostro è misurato, insostituibile, in un caleidoscopio di sfumature, di tratti sottili che si stratificano fino a rendere volumi al di fuori dell’umana esperienza.
La pietra supera così i limiti naturali imposti dalla sua massa solida per ergersi a manifesto della pittura cinese. Wu Bin è infatti andato bel oltre la mera rappresentazione, incuneandosi con il suo pennello e la sua straripante meticolosità tra le vertigini di picchi che non possono essere dimensionate da alcun tipo di unità di misura.
Tutte le immagini sono accompagnate da un testo redatto in bella calligrafia da Mi Wanzhong, il quale aveva forse avuto presentimento della cattiva sorte alla quale era destinata la pietra, di cui si perdono infatti le tracce a soli pochi decenni dall’esecuzione del dipinto.
In coda alle dieci vedute si susseguono colophon redatti da alcuni dei maggiori protagonisti dell’élite culturale della fine del periodo Ming, tra cui il celebrato Dong Qichang (1555-1636).
Dopo aver fatto parte in epoca Qing (1644-1911) delle collezioni di eminenti conoscitori, il rotolo con Le dieci vedute della roccia Lingbi fu battuto all’asta a New York il 6 dicembre 1989 da Sotheby’s, acquistato per 1.200.000 $ – record di allora per un’opera di pitturas cinese – da un importante collezionista statunitense il quale, in onore di questo capolavoro, intitolò la sua raccolta con il nome di “La collezione del ritiro delle dieci vedute della roccia Lingbi”.
Lo scorso 18 ottobre, l’opera è riapparsa improvvisamente sul mercato internazionale, messa all’incanto da Poly, la più importante casa d’aste cinese che ormai per fatturato contende il primato alle maggiori case d’aste internazionali, tra cui Sotheby’s e Christie’s.
C’è voluta più di un’ora perché alla fine fosse aggiudicata all’incredibile cifra di 76 milioni di dollari, tra le più alte pagate in questo 2020 per un’opera d’arte, non solo cinese, a dimostrazione che anche una pietra, un umile oggetto inanimato, quando incontra il genio di un pittore talentuoso, può assurgere al rango dell’immortalità.