Il prossimo 1° dicembre di questo sereno e memorabile 2020, Bonham’s Hong Kong proporrà un’asta tematica di grande fascino.
Intitolata Eternal Resonance: Music in Chinese Art, presenta una selezione di oggetti d’arte cinese collegati alla musica, per l’appunto.
Cinquantadue lotti, tra porcellane, dipinti, lacche cloisonnés e bronzi, i quali – tutti, per un motivo o per un altro – hanno un riferimento più o meno esplicito alla musica.
L’aspetto sicuramente più intrigante di questa vendita è l’inserimento di un certo numero di strumenti musicali veri e propri. Non è infatti usuale che nelle aste dedicate agli oggetti d’arte cinesi ne compaiano, e mi sembra dunque l’occasione giusta per approfondire e condividere alcune nozioni su questo fondamentale aspetto della cultura cinese.
La musica ha da sempre avuto un ruolo molto importante nella vita dei cinesi, soprattutto in quella delle classi più elevate. Essa scandiva i ritmi dei rituali ufficiali che i sovrani e gli imperatori tenevano costantemente a corte fin dalle origini della civiltà del Fiume Giallo. L’armonia che scaturiva dal susseguirsi delle note era considerata un paradigma dell’ordine che regolava il governo degli uomini, sintesi perfetta della relazione tra l’ambito terreno e quello celeste.
Lo stesso Confucio (551-479 a.C.), autore di quella sintesi filosofica che tuttora permea il pensiero e l’ordinamento della società cinese, considerava la musica come essenziale nella formazione dell’uomo, incarnazione delle virtù alle quali doveva ambire non solo il singolo ma anche il buon governo.
Già al tempo in cui egli visse, lo strumento che meglio traduceva questo ideale era la cetra guqin, ancora oggi considerata emblema della musica tradizionale cinese.
Bonham’s offrirà tre straordinari guqin, ognuno dei quali si presta a diverse riflessioni.
L’esemplare al lotto 13 (stima $ 190.000-260.000) si distingue per pregio, storia e rarità. Datato alla dinastia Ming, si caratterizza per una particolare tecnica costruttiva nota con il termine bai na, letteralmente “cento frammenti”, le cui origini si possono far risalire alla dinastia Tang. E’ infatti il risultato dell’assemblaggio di numerose tessere esagonali di legni pregiati (zitan, huanghuali e hongmu), a imitazione degli abiti dei monaci buddhisti che erano spesso patchworks di brandelli di vecchi abiti. Sul retro vi compaiono incise due iscrizioni, una commemorativa (Chuan shi zhi bao, “Tesoro trasmesso attraverso generazioni”) e l’altra titolativa (Tai gu yuan yin, “Armonia dell’antichità remota”).i
La tipologia cui appartiene questo guqin è nota come ‘Zhongni‘ o, più comunemente come ‘stile Confucio’, poiché si tramanda che il Maestro suonasse proprio uno strumento di simile forma.
Il guqin al lotto 21 (stima $ 77.000-100.000) si caratterizza per un profilo più sagomato, ed è infatti esemplare della tipologia ‘Ya‘, cosidetta per le analogie della sua forma con il carattere 亞 che si legge per l’appunto ya. Realizzato in legno con rivestimento di lacca, riporta anch’esso sul retro due iscrizioni incise, una in riferimento al suo primo proprietario (Hui fu zao, “Realizzato per la il Principe di Hui”), la seconda riguardante l’anno di realizzazione (Jiajing kuisi nian, “l’anno kuisi del regno di Jiajing”, corrispondente al 1533).
Questo prezioso strumento appartenne dunque a Zhu Houjue (1506-1550), principe di Anyi (provincia dello Shanxi), che nel 1526 ebbe l’incarico di governare Junzhou (attuale Yuzhou nella provincia dell’Henan), divenendo Re di Gong Hui. Zhu Houjue è noto però soprattutto per la sua smodata passione per la musica, ed in particolare per il guqin. Fu autore del Feng xuan xuan pin (“La musica classica e istruttiva del guqin”), un trattato completo di illustrazioni dedicato allo strumento ancora oggi molto influente, nel quale raccolse informazioni e partiture.
Fin da tempi molto antichi, il guqin era lo strumento prediletto non solo a corte ma anche da quegli uomini di cultura che svolgevano la loro attività al di fuori dell’ambito imperiale.
La musica era infatti considerata arte tra le più eccelse, alla quale doveva dedicarsi ogni uomo che ambisse al rango di letterato.
Leggere i classici, esercitarsi nella calligrafia, praticare la pittura e suonare le arie più popolari e sofisticate, spesso componendo egli stesso delle sonate in base allo stato d’animo che lo pervadeva in un particolare momento, queste erano le attività che competevano al prototipo di uomo di cultura cinese.
Il guqin di forma ‘Zhongni’ proposto da Bonham’s al lotto 30 (stima $ 100.000-150.000) appartenne a uno di questi letterati. Tiebao (1752-1824) fu un eminente studioso, considerato – insieme al Principe Cheng, a Liu Yong e a Weng Fenggang – uno dei quattro maggiori calligrafi della dinastia Qing. La tradizione tramanda che fosse anche un talentuoso musicista, e riferimenti al guqin si trovano anche in alcune delle numerose poesie che compose, raccolte in una antologia intitolata Tao’an quanji.
Lo strumento che possedette si può datare all’ampio periodo delle dinastie Song e Yuan. Alcune caratteristiche formali non permettono infatti di accettare incondizionatamente la datazione al 1079 che vi compare iscritta. Tra le altre iscrizioni sul retro anche il nome elogiativo che fu dato a questo strumento, Wannian Qing (“Purezza di diecimila anni”) e un lungo poema in cui si compara la bellezza delle antichità alla grandiosità della Natura e la gioia che esse trasmettono allo spirito dell’uomo.
Anche Zhao Gaozi, l’artista che ha realizzato il flauto in bambù al lotto 33 ($ 26.000-39.000), fu un letterato. Il suo nome e il suo sigillo compaiono nell’iscrizione incisa su un lato dello strumento, nella quale si fa riferimento anche alla città di Wumen (attuale Suzhou). Sebbene non si conoscano altri particolari della sua biografia, egli potrebbe aver fatto parte di quel circolo di artisti e letterati che formarono la Scuola Wu, i cui membri gravitavano nell’area di Suzhou. Proprio durante la dinastia Ming il teatro kunqu spopolava nel sud della Cina, e il flauto lungo (dizi) era lo strumento solista dell’orchestra che accompagnava le performaces degli attori.
Considerando la deperibilità del bambù, i flauti sopravvissuti di questo materiale sono piuttosto rari. L’esemplare offerto da Bonham’s riporta nell’iscrizione la data del 1533, anno in cui fu realizzato. Altre iscrizioni si vedono sulla scatola in cui lo strumento è custodito. Esse fanno riferimento ad un successivo proprietario, molto probabilmente un letterato giapponese vissuto nella prima parte dell’Ottocento. Non si tratta di una stranezza. Dalla fine della dinastia Ming e nei secoli successivi, molti strumenti musicali cinesi presero la via del Giappone dove viveva una folta comunità di letterati che dimostravano in tutte le arti (poesia, calligrafia, pittura e musica) una evidente predilezione per la tradizione cinese.
Ancora a una diversa tradizione musicale appartiene il liuto pipa (lotto 43, stima $ 32.000-45.000). Importato dall’Asia Centrale durante la dinastia Han, il pipa ebbe una sua evoluzione compiuta in Cina almeno dalla dinastia Tang. A quei tempi si suonava ancora in posizione orizzontale, utilizzando un grande plettro. Nei secoli successivi, venne invece in auge l’uso di sistemarlo in verticale e il plettro fu sostituito da unghie artificiali che permettevano l’esecuzione di sonate più vivaci. La tradizione originaria però non scomparve del tutto, e sopravvive tuttora nella musica Nanyin, cosiddetta per la sua più ampia diffusione nella regione meridionale della provincia del Fujian. L’orchestra Nanyan si compone di nacchere (pai) strumenti a due e tre corde (erxian e sanxian), flauto (xiao) e per l’appunto il pipa, al quale competono partiture guida. Sebbene le origini del Nanyin vadano ricercate molto addietro nel tempo, la musica che scaturisce è definita amatoriale dagli studiosi, una forma di intrattenimento che solo in rari casi si esegue nel corso di occasioni ufficiali.
L’esemplare di pipa offerto da Bonhams appartenne a Ke Hsien Sheng (1933-2017), musicista talentuoso che dedicò gran parte della sua vita allo studio della musica Nanyin, promuovendone la conoscenza in tutto il mondo. E’ genericamente datato alla dinastia Qing e reca sul retro un’iscrizione che si riferisce al nome attribuito allo strumento (huai yun, “il fascino dell’albero della sefora”); nei suoi pressi si vede anche un’iscrizione a sigillo, shengwen yutiam, che può essere tradotta “da essere ascoltata in paradiso”.
Nella selezione di strumenti musicali presentata da Bonham’s non manca neanche un oggetto utilizzato negli spettacoli dell’Opera di Pechino, senz’altro la tradizione teatrale e musicale cinese più nota al mondo. Si tratta di un violino verticale a due corde (lotto 49, stima $ 6.500-10.000) appartenente alla tipologia denominata jing erhu, letteralmente “violino della capitale”, proprio perché la sua invenzione è strettamente collegata, fin dalle origini, all’Opera di Pechino. La sua introduzione si deve al famoso attore Mei Lanfang (1894-1961) e al musicista Wang Shaoqing (1900-1958) intorno al 1923-24. Mei Lanfang lo prediligeva per le parti canore dei ruoli femminili. In seguito lo strumento fu introdotto anche in altre tradizioni operistiche, come quella di Shanghai.
L’esemplare offerto da Bonhams si data all’inizio del XX secolo. E’ realizzato nel pregiato legno huanghuali e ha la parte esterna della piccola cassa di risonanza rivestita di pelle di serpente.
L’asta del 1° dicembre di Bonham’s si caratterizza inoltre per la presenza tra i lotti di alcune opere a tema musicale di giovani ma già affermati artisti contemporanei, ai quali la rinomata casa d’aste ha esplicitamente richiesto di intervenire con manufatti realizzati per l’occasione.