Certi ricordi non svaniscono, neanche a distanza di molti anni.
Ho visitato la Fondation Baur a Ginevra ormai quasi vent’anni fa, eppure le immagini di quello che vidi sono ancora chiaramente impresse nella mia memoria.
Sebbene mi fossi preparato alla visita attraverso la visione dei cataloghi di quella raccolta allora disponibili, la giornata che trascorsi all’interno di quel museo si trasformò in un’esperienza davvero emozionante che ha lasciato un segno indelebile nella mia formazione culturale.

Piatto con invetriatura Junyao. Fornaci di Yuxian (Henan). Dinastia dei Song Meridionali, XII-XIII secolo.
La sede della Fondation Baur è una bella villa situata in rue Munier-Romilly, residenza dell’inizio del Novecento che Alfred Baur (1865-1951) acquistò solo nel 1951 – pochi mesi prima della sua morte – con lo scopo specifico di farne un museo dove esporre la sua strepitosa collezione così che fosse a disposizione del pubblico.
I suoi interni furono radicalmente modificati negli anni immediatamente successivi, non solo per garantire una fruibilità in sicurezza degli oggetti, ma anche per realizzare un allestimento che ne mettesse in rilievo la loro intrinseca qualità.
Il museo fu ufficialmente aperto al pubblico nell’ottobre del 1964. Altri interventi strutturali ebbero luogo nel 1995-1997 e quindi nel 2008-2010, consentendo l’acquisizione di più spazi e conseguentemente l’esposizione di un numero maggiore di pezzi.
La scelta iniziale di esporre solo un numero limitato di manufatti all’interno delle pur ampie vetrine venne però rispettata anche nei decenni successivi.

Vaso di forma arcaica ‘hu’ con invetriatura guan. Fornaci imperiali di Hangzhou. Dinastia dei Song Meridionali, XIII secolo.
Una scelta sicuramente vincente. Ricordo infatti come fosse ora il benessere che provai nell’ammirare un numero non eccessivo di pezzi, alla giusta distanza l’uno dall’altro, ognuno ben illuminato a esaltarne la specifica bellezza, l’ostentata rarità e la drammatica perfezione tecnica con cui era stato eseguito.
Alfred Baur formò la sua collezione in circa quarantacinque anni. La Fondation possiede circa 9.000 oggetti che gli appartennero, tra pezzi cinesi (porcellane e ceramiche, giade, cloisonnés e snuff bottles) e manufatti giapponesi (ceramiche, stampe dell’Ukiyo-e, lacche, netsuke e accessori per la spada), ai quali si debbono aggiungere altri nuclei provenienti da collezionisti diversi che il museo ha acquisito nei decenni successivi alla sua inaugurazione.
Nato a Andelfingen nei pressi di Zurigo, Alfred Baur costruì il suo impero economico in Sri Lanka, dapprima con un’azienda che produceva fertilizzanti organici fondata nel 1897, poi con l’acquisizione di diverse piantagioni di tè.
Fece ritorno in Svizzera con sua moglie Eugénie nel 1906, riuscendo comunque a espandere i suoi affari nell’isola a sud dell’India.
Fu proprio intorno a quell’anno che iniziò ad appassionarsi di arte estremo orientale. Nel primo periodo si interessò soprattutto di arte giapponese, potendo contare sulla consulenza di Thomas Bates Blow (1853-1941), un mercante inglese sposato con una donna giapponese e di stanza a Kyoto.

Giara ‘bianco e blu’. Fornaci imperiali di Jingdezhen. Dinastia Ming, regno di Yongle.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, questo eccentrico personaggio rifornì di manufatti nipponici un grande numero di collezionisti europei tra cui Baur che, si può dire, affinò il suo gusto in fatto di arte giapponese proprio grazie a Blow. Il facoltoso imprenditore svizzero dapprima acquisì pezzi in maniera quasi compulsiva, quindi fu più attento, rivendendo immancabilmente quegli oggetti che non lo entusiasmavano.
Ancora nell’ambito dell’arte giapponese, fu decisivo l’incontro con il mercante di Kyoto Tomita Kumasaku (1872-1953) del 1924. In quell’anno Baur e consorte si erano infatti recati in Asia orientale per un lungo viaggio. Prima di andare nell’arcipelago avevano visitato la Cina, potendo approfittare della colta compagnia di Gustave Loup (1876-1961). Era costui il figlio di un orologiaio svizzero che si era trasferito in Cina per affari già nell’Ottocento. Fluente in cinese, francese e inglese, Loup cominciò all’inizio degli anni Venti ad affiancare all’attività di famiglia nel campo degli orologi quella di mercante d’arte, aprendo la galleria La Chine Antique a Ginevra. Con l’invasione giapponese fu costretto a far ritorno definitivamente in Svizzera, ma aveva accumulato una tale quantità di oggetti che poté svolgere l’attività di mercante d’arte per il resto della sua vita.

Ciotola con decoro a smalti policromi. Dinastia Qing, marchio (Kangxi yuzhi) e periodo Kangxi.
L’incontro con Loup fu cruciale perché Baur – che fino ad allora si era concentrato soprattutto sull’arte giapponese – rivolgesse con decisione la sua attenzione alla porcellana cinese, acquisendo nel volgere di pochi anni ben 756 pezzi.
La collezione Baur è nel suo genere sicuramente una delle più preziose di tutto il mondo. L’imprenditore svizzero selezionò con tale consapevolezza le opere che il livello qualitativo nell’insieme è davvero straordinario.
La sezione di ceramiche e porcellane cinesi non è da meno, anzi.
Essa consiste di manufatti databili dalla dinastia Tang a quella Qing. Statuette tombali mingqi, raffinatissimo vasellame di epoca Song, splendidi esemplari della produzione Ming (tra cui la rarissima giara con decoro in blu di cobalto di epoca Yongle), meravigliosi pezzi del XVIII secolo di provenienza imperiale, dagli accostamenti cromatici delicati prevalenti durante il regno dell’imperatore Yongzheng all’esuberanza e perfezione tecnica conseguita in epoca Qianlong.

Vaso con decoro a smalti policromi e inciso. Dinastia Qing, marchio e regno di Qianlong.
Per come è stato concepito l’allestimento del museo, va da sé che solo una parte della raccolta di porcellane sia permanentemente esposta al pubblico. Una selezione il cui scopo è offrire un percorso coerente nella storia della ceramica cinese che, tuttavia, deve per forza di cose (mancanza di spazi e progetto espositivo ‘rarefatto’) escludere certi pezzi anche di altissima qualità.
Fortunatamente, nel corso degli anni la Fondation Baur ha prodotto costantemente una serie di mostre temporanee nelle quali ha affiancato prestiti prestigiosi da altre importanti collezioni pubbliche e private con pezzi conservati nei suoi depositi, iniziative che hanno consentito di scoprire una parte consistente dei suoi tesori.
Restano comunque imprescindibili i quattro volumi pubblicati da John Ayers nel 1968, nei quali è illustrata l’intera collezione nel suo splendore.
Li sfoglio sempre con grandissimo piacere, sebbene le loro pagine si siano un po’ ingiallite a furia di ditate.
E’ tempo quindi che metta in programma una trasferta in Svizzera, per godere di nuovo di quel tesoro orientale sulla riva del lago di Ginevra.

Vaso con invetriatura céladon e decoro a rilievo. Dinastia Qing, marchio e periodo Qianlong.