Martedì 6 marzo di questo 2024 si è consumata a Parigi, nelle ampie sale della principale sede francese di Christie’s, una vendita a dir poco eccezionale.
Parlano i numeri.
100.
Solo cento lotti.
73.000.000.
Di euro, questo il risultato finale.
Impressionisti francesi?
No.
Pittura cinese?
No.
I grandi nomi degli Old Masters?
No.
Basquiat e soci?
No.
La vendita in questione riguardava tutt’altro, e per questo lo strepitoso risultato economico assume un significato particolare.
Intitolata Barbier-Mueller: Art as Legacy, l’asta era dedicata infatti all’arte primitiva, tribale, dell’Africa e dell’Oceania.
Pezzi indubbiamente belli, e certamente antichi.
Una caratteristica quest’ultima che è condizione sine qua non perché un manufatto di arte tribale possa ambire ad attrarre l’attenzione dei pochi ma preparatissimi collezionisti in questo ambito piuttosto speciale.
Antichità che nell’arte tribale ha quasi sempre un unico strumento per essere valutata.
La provenienza.
Il successo di quest’asta parigina si deve dunque anche (soprattutto, direi) alla storia collezionistica di ognuno dei pezzi.
A partire dai proprietari più recenti, il fondatore della raccolta Josef Müller (1887-1977), autentico pioniere del collezionismo di arte tribale fin dai tempi in cui quest’ultima costituiva una fonte primaria di ispirazione per i protagonisti delle avanguardie dell’arte europea e statunitense (Picasso, Derain, Brancusi, Tzara, Man Ray e altri), e i suoi eredi Jean Paul (1930-2016), suo genero, e Monique (1929-2019), sua figlia, Barbier-Mueller.
Una passione per l’arte che si basava sull’assunto fondamentale della condivisione. Jean Paul e Monique aprirono infatti un museo con le opere di famiglia a Ginevra, istituzione che tuttora custodisce probabilmente la raccolta più importante nel mondo di questo genere d’arte.
Tuttavia, leggendo le schede redatte dagli esperti di Christie’s per questa vendita, si rimane realmente impressionati dal pedigree di ogni opera, per le voci Provenienza, Bibliografia e Mostre. Una sfilza di dati che consente di ripercorrere a ritroso la storia di ogni singolo pezzo per lo meno fino alla prima metà del Novecento, potendo inoltre esibire nomi di molti tra i più importanti collezionisti di arti primarie del secolo scorso, da Charles Ratton (1895-1986) al MoMa di New York, solo per citarne due.
I numeri, come scritto in apertura, sono stati realmente stratosferici, se si pensa che il lotto 55, una testa di reliquiario Fang del Gabon è stata venduta a circa 15.000.000 di €.
Per quanto mi riguarda, e mi riferisco solo ed esclusivamente al mio gusto personale, ho eletto a mio pezzo favorito un bronzetto (9,5 cm altezza) della cultura Djenné, nella zona del delta del Niger in Mali.
Un capolavoro, a mio parere, per la posa plastica della figura e l’aspetto ieratico del personaggio raffigurato, che – secondo gli esperti – potrebbe datarsi all’XI-XVI secolo, periodo in cui dominò quella regione l’Impero del Mali, citato da fonti arabe del tempo per una produzione artistica di grande pregio.