Le case d’asta che parteciperanno all’Asian Week di New York, che si tiene quest’anno tra il 10 e il 19 marzo, uno degli appuntamenti più importanti nell’ambito del mercato internazionale dell’arte asiatica, hanno finalmente pubblicato i cataloghi delle loro vendite.
Christie’s ha in programma per quella occasione sette sessioni di vendita per altrettanti cataloghi.
Mi ha incuriosito in particolare quello dedicato ai Fine Chinese Paintings, anche perché è difficile che in Europa si organizzano aste esclusivamente dedicate alla pittura cinese, mentre è una consuetudine ormai collaudata per le sedi statunitensi.
Il catalogo si compone di 76 lotti, e spazia dall’VII al XX secolo, con opere appartenenti ai più variegati ambiti stilistici, tutte provenienti da collezioni statunitensi.
Il dipinto più antico, datato alla dinastia Tang (618-907), è un piccolo rotolo orizzontale (cm. 26 x 56, lot 804) dipinto a inchiostro e colori su carta, montato su tavoletta in legno. Raffigura sulla destra il Buddha assiso su un trono a forma di fiore di loto, mentre sulla destra si stende il testo completo del Sutra del Cuore, un breve testo tra i più diffusi nell’ambito del Buddhismo mahayanico. L’argomento è quello della dottrina della vacuità, ovvero della sostanziale inesistenza di tutti i fenomeni, uno dei topos del Buddhismo, che fu spesso trattato in ambito Zen, in Cina come in Giappone.
Nella raffigurazione del Buddha, soprattutto, si evidenzia uno stile arcaico, proprio della pittura religiosa di epoca Tang. La calligrafia – nella sua regolarità – esprime anch’essa il fervore mistico che animava la realizzazione di questi dipinti, evidentemente destinati alla liturgia.
Il dipinto reca un’iscrizione che permette di datarlo con precisione al secondo anno dell’era Shengli, corrispondente al 699. E’ inoltre presente un sigillo che fa riferimento al collezionista Li Shengduo (1859-1934); un altro sigillo ancora risulta illeggibile. L’ultimo proprietario di questo raro documento pittorico fu Harold Medill Sarkisian (1909-1993), il quale viaggiò frequentemente in tutta l’Asia, riuscendo a mettere insieme una collezione di tutto rispetto che fu in gran parte donata al Denver Museum of Art, formando il nucleo iniziale e principale della sezione estremo-orientale di quel museo.
Il top lot della vendita, almeno a giudicare dalla sua stima (1.200.000-1.800.000 $ di partenza), è il n. 824.
Si tratta di uno straordinario dipinto di Tang Yin (1470-1523), appartenuto in ultimo alla magnifica collezione di Robert Hatfield Ellsworth (1929-2014), gran parte della quale fu offerta al pubblico in un’asta di eccezionale spessore che si tenne a New York esattamente un anno fa.
L’opera, nel formato del rotolo verticale da appendere (cm. 116,2 x 58,4), raffigura due personaggi all’interno di un padiglione, uno dei quali intento a suonare una cetra. Alle loro spalle si svolge un drammatico paesaggio con picchi rocciosi e alberi di pino dai rami contorti; in alto a destra è presente una poesia composta dallo stesso Tang Yin, accompagnata da tre sigilli.
La scena è tra le più classiche nel repertorio dei pittori letterati cinesi. Sembra sia ispirata alla storia di Boya e Zhong Ziqi che vissero durante il periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.). Boya era il più acclamato musicista del suo tempo, specializzato proprio nelle esecuzioni con la cetra qin. Il suo incontro con Zhong, il più noto liutaio di quell’epoca, fu un avvenimento per Boya cruciale nella sua carriera, poiché egli si convinse che solo Zhong avesse le capacità per capire la sua musica. Tanto stretto divenne il loro rapporto che Boya decise – alla morte di Zhong – di strappare le corde del suo strumento e di non suonare più.
L’opera è stata commentata ampiamente da Anne DeCoursey Clapp, autrice della più completa monografia in inglese su Tang Yin, pubblicata a Chicago nel 1992 (p. 87). Certo l’intrinseca qualità del dipinto, paragonata in alcuni suoi dettagli dagli esperti di Christie’s ad una celebre opere di Tang Yin conservata nel National Palace Museum di Pechino, ha contribuito in maniera sostanziale ad una stima così elevata, ma sicuramente la bibliografia che l’accompagna e l’illustre provenienza sono stati fattori non trascurabili perché l’opera potesse partire da una tale cifra.
Tra i dipinti in stile tradizionale ma realizzati nel Novecento offerti in quest’asta, vale la pena di menzionare la composizione con Fiori di loto al lotto n. 837. Si tratta di un’opera a inchiostro su carta di Huang Yongyu, realizzata nell’estate del 1979. Anch’essa appartenuta alla collezione di Robert H. Ellsworth, prima di passare all’ultimo proprietario che l’ha affidata a Christie’s per promuovere un’ulteriore suo passaggio di mani, ha misure notevoli (cm. 101 x 274), ed una stima di tutto rispetto di 250.000-300.000 $.
Nato nel 1924, Huang Yongyu è un artista poliedrico, che si è cimentato con ottimi risultati sia nella pittura di stile tradizionale cinese sia con le tecniche e lo stile della pittura occidentale. Viaggiatore instancabile, si è recato anche in Italia, rimanendo affascinato soprattutto dalla Toscana, che spesso ha definito come la sua second patria.
Alla sua esperienza in Toscana del 1991, Huang Yongyu ha dedicato un libro che recentemente è stato tradotto dal cinese all’italiano con il titolo Dal Lungo Senna a Firenze, pubblicato per i titoli di Artemide.