Fino a qualche decennio si ergeva immoto tra le maestose cime montuose del Tibet centro-meridionale un luogo delle meraviglie.
Un monastero buddhista, denominato Densatil, formato da una serie di edifici al cui interno si conservavano tesori inestimabili dell’arte antica tibetana.
Tra gli ultimi a poterlo ammirare, il fotografo italiano Pietro Francesco Mele che nel 1948 accompagnava l’illustre professore Giuseppe Tucci in uno dei suoi numerosi viaggi in Tibet.
I suoi scatti rimangono a tutt’oggi un documento indispensabile per avere un’idea di quali incredibili capolavori fossero conservati in quel luogo sacro.
Il monastero di Densatil fu infatti insensatamente distrutto durante la Rivoluzione Culturale tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta del Novecento, insieme a gran parte delle opere d’arte che conservava.
Fondato tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo nel luogo dove Dorje Gyalpo (1110-1170) – un sant’uomo venerato come incarnazione del Buddha Shakyamuni quando ancora era in vita – aveva scelto di ritirarsi per dedicarsi alla meditazione, il monastero di Densatil divenne in breve uno dei punti di riferimento della dottrina buddhista in Tibet, e contemporaneamente centro politico preminente del paese per aver contribuito in maniera sostanziale a sconfiggere gli invasori mongoli intorno alla metà del Trecento.
Tra le opere devozionali e artistiche promosse dai successori di Dorje Gyalpo, particolare importanza ebbero i tashi gomang (letteralmente “molte porte di buon auspicio”). Si trattava di stupa, strutture architettoniche a più piani rialzati, concepiti per conservare le reliquie degli abati più venerati.
Alti alcuni metri, erano adornati da placche in rilievo e sculture a tutto tondo che traducevano nel concreto complessi apparati iconografici a riflettere i mandala descritti nelle sacre scritture.
Si conta che nel corso di poco meno di due secoli – a partire dal 1267 e fino al 1434 – a Densatil siano stati allestiti in tutto otto tashi gomang, modellati su un prototipo del 1208 circa eretto per volere di Jigten Sumgon Rinchen Pel (1143-1217), un discepolo di Dorje Gyalpo, nel suo monastero di Drigung, da maestranze nepalesi provenienti da Newari.
Ognuno di loro riflette dunque un momento di grande prosperità economica e politica.
I rilievi e le sculture in bronzo che ornavano questi stupa furono infatti realizzati con i migliori materiali allora a disposizione, per il tipo di lega impiegato, l’inclusione di pietre semi-preziose come il turchese e il lapislazzuli, e una doratura straordinaria per densità e brillantezza.
Dal punto di vista stilistico, le opere più tarde tradiscono chiaramente l’influenza dell’estetica dell’Asia Centrale e i canoni della prima fase della dinastia Ming, i quali si sostituirono gradualmente al gusto Newari delle opere più antiche.
Con queste premesse – ahinoi!, frutto di eventi storici sconsiderati – va da sé che le opere provenienti con certezza da Densatil disponibili sul mercato siano rarissime.
Ha creato dunque un particolare interesse l’asta di Bonham’s che si è tenuta a Hong Kong il 1° dicembre 2023.
Al lotto 1812 veniva infatti offerta una meravigliosa scultura in bronzo raffigurante Virupaksha, il protettore dell’Occidente e uno dei quattro guardiani celesti dei punti cardinali, convertiti dal Buddha originario perché proteggessero dalle influenze maligne sia il regno dei cieli sia l’ambito dei mortali.
Sculture con queste divinità, raffigurate solitamente come guerrieri possenti e bardati di armatura, compaiono immancabilmente nei templi buddhisti, posizionate intorno all’icona principale.
Ognuno degli otto tashi gomang di Densatil prevedeva dunque la presenza di quattro sculture di Guardiani, realizzate in dimensioni maggiori rispetto alle altre divinità che ornavano lo stupa.
L’esemplare offerto da Bonham’s è alto infatti ben 73 cm.
Ben noto agli studi e più volte pubblicato, l’ultima volta fu esitato da Christie’s nel 1999.
A tutt’oggi sono note sedici sculture raffiguranti guardiani celesti provenienti da Densatil, sette delle quali conservate in Tibet, cinque nel Capital Museum di Pechino, una nel National Palace Museum di Taipei, una nel Museo Guimet di Parigi e una nel MAO di Torino.
Stimato 35.000.000-55.000.000 dollari di Hong Kong, questo capolavoro è stato infine venduto a circa 5 milioni di dollari statunitensi.