Nell’ultimo anno ho visitato più volte il Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”. L’ultima volta solo qualche giorno fa. Posso dire senza dubbio di “aver avuto la fortuna” di aver visitato quell’importante museo romano.
Il motivo che ha reso più liete queste visite è sostanzialmente uno. Ovvero che, in ognuna delle occasioni, ho potuto notare che, rispetto alla precedente, qualcosa di nuovo era stato organizzato. Tutto ciò nonostante le difficoltà economiche in cui si può immaginare attualmente possa versare un’istituzione museale statale, privata di gran parte di quel sostegno ministeriale che solo può consentire iniziative che vadano al di là del minimo sostentamento, della sopravvivenza.
Eppure, nonostante tali difficoltà, il Museo Nazionale di Arte Orientale ha avuto la forza di offrire al pubblico nuove e molto interessanti proposte. Evviva!
Ho già scritto su questo sito a proposito del nuovo allestimento dedicato all’arte coreana, il primo in Italia riservato alle produzioni artistiche di quel paese estremo-orientale. E già allora diedi notizie della contemporanea pubblicazione di un fascicoletto edito da Artemide nel quale si esaminavano i pezzi della collezione di arte coreana. Questo libretto, davvero utile e antesignano per l’ambito italiano nella scelta dell’argomento trattato, è in realtà solo un momento di una collana, grazie alla quale si potranno conoscere altri ambiti della ricchissima collezione di arte orientale del Museo. Tra i volumetti finora pubblicati, uno sulla collezione Mutti di arte indiana, uno sulla raccolta tibetana e nepalese, un altro sul Vicino e Medio Oriente Antico, uno sull’Islam, un altro sull’arte del Gandhara e due sulle monete islamiche. Infine, uno dedicato all’archeologia e Arte della Cina, argomento al quale sono, è noto, maggiormente interessato.
Curato da Roberto Ciarla, con il coordinamento di Maria Luisa Giorgi e schede degli stessi due studiosi insieme a Roberto Fiocca, presenta un’introduzione di Ciarla utile per avere un’idea della consistenza dell’intera collezione di arte cinese conservata in Museo, e cinquantacinque schede per altrettanti oggetti.
Si tratta dunque di una piccolissima parte del materiale cinese del Museo “Tucci”. Tuttavia, questa agile pubblicazione sarà, ne sono convinto, utilissima non solo per gli “addetti ai lavori” come me, i quali potevano finora solo piluccare tra libri di vario genere e tra articoli ormai introvabili per avere un’idea del materiale cinese conservato a Roma, ma anche – e soprattutto – per quel pubblico eterogeneo che, terminata la visita al Museo, volesse leggere qualcosa in più sull’argomento. O almeno, così sarà quando i volumetti saranno in vendita presso il Museo poiché, per ora, e non ne conosco le ragioni, essi non sono disponibili per l’acquisto all’interno della struttura. Senz’altro vi saranno motivazioni di tipo burocratico (licenze, permessi, etc.), ma a chi non gioverebbe poter mettere a disposizione dei visitatori quei piccoli cataloghi, dal prezzo (Euro 15) così abbordabile, alla portati di tutti? Mah…
Comunque, chi volesse davvero avere un’idea sulla raccolta di arte cinese del Museo di Arte Orientale di Roma non dovrebbe accontentarsi di questa recente pubblicazione. Per lo meno dovrebbe frequentare il Museo che, ho accennato prima, negli ultimi tempi è riuscito a tirar fuori dai depositi una parte delle proprie raccolte. Nelle sale dedicate alla Cina sono state esposte solo alcune tipologie di manufatti della millenaria cultura cinese, soprattutto bronzi e ceramiche, mentre altre non hanno per ora trovato spazio. Tuttavia, proprio la raccolta di bronzi arcaici visibile ora al pubblico si può dire straordinaria, per qualità, varietà e numero di esemplari. Così come la selezione di ceramiche e porcellane, appartenenti ad un amplissimo arco cronologico, tra il Neolitico e la dinastia Qing (1644-1911). A me è piaciuta molto la selezione di sculture di ambito buddhista, con alcune di quelle meraviglie della devozione privata che sono le sculture bronzee del V-VI secolo d.C., e con un capolavoro assoluto della scultura lignea cinese, ovvero una stupenda Guanyin stante già collezione Gualino e in deposito dalla Banca d’Italia.
Nel corso della mia ultima visita al Museo, onorato dalla guida della dott.ssa Giorgi, ho assaporato un assaggio della collezione di arte giapponese del Museo. A lei infatti si deve la selezione di un gruppo di oggetti d’arte nipponica sistemati recentissimamente in una sala del Museo. Alcune stampe dell’Ukiyo-e, qualche lacca, due dipinti attribuiti a Minchō (1352-1431), un bellissimo furisode, un’armatura e due lame infoderate, una coppia di vasi a smalto di epoca Meiji (1868-1912), una piccola raccolta di coltellini kōzuka e un album di calligrafia. Poca cosa certamente rispetto ai tesori conservati nei depositi, ma questo gruppo di oggetti ha per lo meno la capacità di placare la fame di arte giapponese che attanaglia costantemente me e molti altri, anche in Italia.
Infine, vorrei dare voce ad una speranza. Non so quali siano i futuri programmi editoriali del Museo e della casa editrice Artemide, ma all’idea che nella collana di volumetti sulle collezioni di questo ‘scrigno dei tesori’ sia previsto un piccolo cataloghino dedicato all’arte giapponese…