Una serie di eventi accaduti recentissimamente, strettamente concatenati l’uno all’altro, mi impone di riprendere un argomento che avevo trattato in uno degli articoli precedenti, per la precisione quello intitolato Arte cinese e giapponese in asta a Firenze.
In quell’occasione proponevo alcune riflessioni sul ruolo che ha l’arte estremo-orientale in Italia, sia nell’ambito delle istituzioni museali, sia in quello del mercato antiquariale, e il rapporto che questi campi hanno con il pubblico, visitatori e collezionisti. La sintesi di quella riflessione era che l’Italia possa essere considerata la ‘Cenerentola’ tra i paesi che hanno un qualche interesse per quegli argomenti culturali; tuttavia, qualcosa negli ultimi anni sta accadendo, così avvertivo, tra l’organizzazione di mostre di sempre più alto livello e la proposta di un certo numero di eventi commerciali che hanno come tema l’arte dell’Asia. Allora mi interessai dell’asta autunnale di Pandolfini a Firenze. Quello che pensavo qualche settimana fa è ancora oggi per me valido.
Poi, qualche giorno fa l’amico Daniele Soldi, in un commento all’articolo di cui sopra, giustamente mi redarguiva (mea culpa) per non aver segnalato l’asta di oggetti d’arte orientale organizzata nel 2009 a Genova dalla Casa Sangiorgio. Inoltre, solo poche ore dopo il caso ha voluto che alcuni cari amici mi regalassero il catalogo di un’asta organizzata dalla Casa Babuino di Roma il 25 gennaio 2010, anch’essa dedicata all’arte dell’Estremo Oriente. Per prima cosa mi son detto: quante cose non sai, caro Francesco! Poi ho cercato di informarmi meglio sull’attuale momento del mercato antiquariale italiano, evidentemente in crescita costante. Allora ho preso nota della sessione di arte orientale che avverrà a Genova il prossimo 19 giugno, della quale spero di riuscire a scrivere. Ho visto che Pandolfini rinnova il suo ormai classico appuntamento con l’arte dell’Asia, questa volta messo in calendario il 19 maggio. Infine, ho guardato anche il sito della Babuino e, ormai senza soprese, ho preso atto che anche a Roma, il 10 maggio, si terrà una nuova vendita d’arte orientale. E fanno tre! in poco più di un mese, altro che Italia ‘Cenerentola’.
Per ordine di cronologia, dirò innanzitutto qualcosa a proposito dell’asta romana. I lotti di questa tornata sono ben 233. Si tratta in grandissima parte di arte vietnamita, soprattutto ceramiche, anche di alta epoca. Quella vietnamita è un’arte ceramica che ha fortissimi debiti formali e tecnologici nei confronti di quella cinese: tuttavia, il vasellame esposto dal Babuino mostra alla perfezione le migliori qualità di questa tipologia ‘provinciale’, ovvero la sua schietta rugosità, una rustica sincerità, fatta di invetriature dai toni morbidissimi, dall’ocra ai verdi, da nero al blu grigiastro, caratteristiche che certono stridono con la perfezione della porcellana cinese, ma che proprio per questo emanano un indiscutibile, e molto originale, fascino che senz’altro può attrarre il mercato italiano.
A questo gruppo di ceramiche vietnamite, prevalente per numero, si affiancano nella prossima asta romana altri oggetti di diversa provenienza asiatica (e anche africana), di variegate tipologie, per funzione e materiali.
Per ragioni psicologiche che, nel mio caso, hanno un’immediata spiegazione, ho notato, e quindi ne discuterò brevemente qui di seguito, alcuni oggetti cinesi e giapponesi. Premetto di non aver visionato direttamente gli oggetti, e di non aver neanche tentato un minimo di approfondimento, ma mi fido ciecamente delle schede che compaiono nel catalogo on line, redatto dal curatore della sezione di arte asiatica della Casa d’Aste Babuino, Riccardo Montanari.
Segnalo quindi tre lotti di arte giapponese, tutte stampe appartenenti al genere delle “immagini del mondo fluttuante” (ukiyo-e). Al n. 114 risultano due stampe policrome (nishiki-e) firmate da Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), datate al 1847-1848. Sono in coppia e facevano originariamente parte di un trittico purtroppo incompleto. Nonostante ciò, la forza esplosiva del disegno di Kuniyoshi appare chiaramente, con figure incombenti e il suo ‘classico’ taglio di linee ad invadere la superficie, che in questo caso si emanano dal gioiello tenuto nella mano del personaggio stante nella stampa a sinistra. Kuniyoshi è stato da sempre considerato come uno degli ultimi protagonisti della stampa d’autore giapponese del periodo Edo (1615-1868), insieme a Kunisada e Hiroshige, dopo i quali la critica specializzata, almeno fino a qualche decennio fa, era solita far iniziare la cosiddetta fase di ‘decadenza’ dell’ukiyo-e. Negli ultimi anni, in tutto il mondo, anche questa fase tarda è stata riscoperta, grazie al lavoro di studiosi, spesso confluiti in mostre di grande successo. Proprio Kuniyoshi è stato il tema di una recentissima esposizione, tenutasi dal 21 marzo al 7 giugno 2009 nientemeno che presso la Royal Academy of Arts di Londra, istituzione sempre pronta ad accogliere importanti avvenimenti riguardanti la Cina e il Giappone; la stessa mostra si svolge attualmente (12 marzo-13 giugno 2010) presso la Japan Society di New York. La selezione di stampe presente nella mostra, curata da Timothy Clark, proviene dalla collezione di Arturh R. Miller: si tratta di opere immense, seppure la superficie su cui si svolgono sia esigua, un rettangolo di circa cm. 40 x 26, formato ōban), la stessa che caratterizza anche le due stampe in asta al Babuino. E’ ovvio che la mostra su Kuniyoshi di Londra e New York possa rinnovare l’interesse, peraltro già grande, per questo Maestro dell’ukiyo-e. In partenza le due incisioni di Roma, sono state stimate 120-180: chissà se proprio tutti i papabili acquirenti siano a conoscenza di queste novità che riguardano l’autore delle stampe che vorrebbero comperare.
Nessuna presentazione, invece, per Katsushika Hokusai (1760-1849), il “Vecchio pazzo per la pittura”, autore di innumerevoli capolavori, tra i quali si può certo annoverare la serie di quindici volumi comunemente nota come “Manga”, pubblicata tra il 1814 e il 1849 e il 1875 e il 1878 (gli ultimi tre postumi). Il volume proposto dal Babuino (lotto 54) è il V (Euro 4000-5000 di partenza): pubblicato per la prima volta nel 1816 e riedito nel 1875-1878, a quest’ultima versione appartiene il pezzo in vendita a Roma. In quanti faranno follie in quel dì del 10 maggio capitolino pur di possedere questa seconda edizione del celeberrimo capolavoro?
Ad un altro dei giganti dell’ukiyo-e si deve la pubblicazione di un altro volume illustrato in asta al Babuino (lotto 192). Il “Libro illustrato: fiori delle quattro stagioni” (“Ehon: shiki no hana”) si deve infatti a Kitagawa Utamaro (1754-1806), il ‘Pittore delle donne’ poichè universalmente celebrato per la sua inimitabile capacità nel ritrarre le donne del suo tempo.
Il libro in questione è in due volumi: pubblicato nel 1801 dall’editore Izumiya Ichibei, appartiene dunque ad una fase tarda nella lunga e prolifica carriera di questo artista, quando già il suo stile era acclamato e le commissioni si susseguivano senza interruzioni. Oberato di impegni, il Maestro perse allora parte della sua vivacità, continuando tuttavia a produrre opere di un livello qualitativo più che buono. La stima è di 2500-3500 Euro.
Infine segnalo al lotto 133 un dipinto firmato Sesshū, raffigurante un nobile a mezzo busto. La firma corrisponde perfettamente a quella del ‘Maestro dei Maestri’ della pittura a inchiostro giapponese, Sesshū Tōyō (1420-1506). Tuttavia, su quest’opera in asta a Roma, stimata Euro 8000-10000, non ho però commenti da proporre (…), lasciando che l’opinione di ognuno si formi liberamente, priva di ogni condizionamento.
In conclusione, dunque, anche per questo avvenimento commerciale non mancano gli spunti per riflettere. Grazie dunque agli organizzatori della Babuino Aste per darmi questa possibilità.